STRASBURGO - La Corte europea dei diritti dell'uomo ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato nel 2006 da Cesare Previti in seguito alle vicende giudiziarie relative al processo Imi-Sir. Nel ricorso, Previti sosteneva che era stato violato il suo diritto a un equo processo e il suo diritto a non essere punito in assenza di legge. Secondo il ricorrente era stato inoltre violato il suo diritto al rispetto della vita privata. Le vicende Imi-Sir e Lodo Mondadori, unificate in un unico processo nel gennaio del 2002, si trascinano da circa 20 anni.
Nel suo ricorso Cesare Previti - che il 5 dicembre scorso è stato radiato dall'Ordine degli avvocati - aveva sostenuto che per una serie di ragioni il processo Imi-Sir, in cui era stato accusato di aver corrotto un giudice, non era stato equo. La non equità, secondo Previti, era da ricercare nella sua inabilità ad accedere a determinati documenti, nel fatto che non aveva potuto presenziare ad alcune delle udienze perchè altrimenti impegnato in attività parlamentari, nell'ambiguità delle accuse, nella non giurisdizione del tribunale di Milano. Ma, in particolare, la violazione di un equo processo secondo Previti era legata alla mancanza di imparzialità del Tribunale di Milano. A suo avviso, inoltre, i giudici coinvolti sia nelle indagini che nel processo, erano politicamente a lui avversi e avevano apertamente e pubblicamente criticato un disegno di legge che avrebbe avuto un effetto positivo sulla sua posizione nel caso Imi-Sir.
Ad avviso della Corte di Strasburgo, anche se sarebbe stato preferibile che i giudici che istruivano il caso assumessero un comportamento "più prudente nel rilasciare commenti, non c'è prova che le loro posizioni ideologiche abbiano prevalso sul giuramento di imparzialità fatto al momento di prendere servizio". Inoltre, la Corte di Strasburgo ha sostenuto che le critiche avanzate su un disegno di legge da gruppi di magistrati "non è di per sè un fatto capace di influire negativamente sull'equità di un processo, in cui quanto previsto da quel disegno di legge potrebbe applicarsi". I giudici di Strasburgo hanno quindi dichiarato manifestamente "infondata" questa parte del ricorso.
La Corte ha respinto anche la tesi secondo la quale Previti avrebbe dovuto essere giudicato solo per "corruzione semplice" e non per "corruzione in atti giudiziari", previsione di reato quest'ultima introdotta nel '90 ma applicabile, per un vizio di forma, solo al corrotto e non al corruttore fino al marzo del '92: non sarebbe infatti "arbitraria" l'interpretazione della Cassazione italiana, secondo cui i pagamenti al magistrato corrotto erano proseguiti fino al dicembre 1993, comportando uno "slittamento in avanti" del reato. Infine, quanto all'utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, richieste dagli inquirenti, la Corte riconosce che tale richiesta fu fatta nel rispetto della legge vigente e comunque permise di "stabilire l'esistenza e la frequenza di contatti tra certi accusati" all'epoca dei fatti contestati.
Nel suo ricorso Cesare Previti - che il 5 dicembre scorso è stato radiato dall'Ordine degli avvocati - aveva sostenuto che per una serie di ragioni il processo Imi-Sir, in cui era stato accusato di aver corrotto un giudice, non era stato equo. La non equità, secondo Previti, era da ricercare nella sua inabilità ad accedere a determinati documenti, nel fatto che non aveva potuto presenziare ad alcune delle udienze perchè altrimenti impegnato in attività parlamentari, nell'ambiguità delle accuse, nella non giurisdizione del tribunale di Milano. Ma, in particolare, la violazione di un equo processo secondo Previti era legata alla mancanza di imparzialità del Tribunale di Milano. A suo avviso, inoltre, i giudici coinvolti sia nelle indagini che nel processo, erano politicamente a lui avversi e avevano apertamente e pubblicamente criticato un disegno di legge che avrebbe avuto un effetto positivo sulla sua posizione nel caso Imi-Sir.
Ad avviso della Corte di Strasburgo, anche se sarebbe stato preferibile che i giudici che istruivano il caso assumessero un comportamento "più prudente nel rilasciare commenti, non c'è prova che le loro posizioni ideologiche abbiano prevalso sul giuramento di imparzialità fatto al momento di prendere servizio". Inoltre, la Corte di Strasburgo ha sostenuto che le critiche avanzate su un disegno di legge da gruppi di magistrati "non è di per sè un fatto capace di influire negativamente sull'equità di un processo, in cui quanto previsto da quel disegno di legge potrebbe applicarsi". I giudici di Strasburgo hanno quindi dichiarato manifestamente "infondata" questa parte del ricorso.
La Corte ha respinto anche la tesi secondo la quale Previti avrebbe dovuto essere giudicato solo per "corruzione semplice" e non per "corruzione in atti giudiziari", previsione di reato quest'ultima introdotta nel '90 ma applicabile, per un vizio di forma, solo al corrotto e non al corruttore fino al marzo del '92: non sarebbe infatti "arbitraria" l'interpretazione della Cassazione italiana, secondo cui i pagamenti al magistrato corrotto erano proseguiti fino al dicembre 1993, comportando uno "slittamento in avanti" del reato. Infine, quanto all'utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, richieste dagli inquirenti, la Corte riconosce che tale richiesta fu fatta nel rispetto della legge vigente e comunque permise di "stabilire l'esistenza e la frequenza di contatti tra certi accusati" all'epoca dei fatti contestati.