Mikaela Shriffin e la gestione dello stress alle Olimpiadi

Qualche giorno fa, è uscito sul New York Times un articolo di Sian Beilock, fra i principali ricercatori di come lo stress influenzi le prestazioni umane, anche quelle di persone molto esperte come quelle che partecipano alle Olimpiadi. L’inizio del suo articolo deve farci riflettere ancora una volta sulla forza/fragilità dei campioni.

“Guardare una sciatrice due volte olimpica e tre volte medaglia olimpica inciampare – non una, non due, ma tre volte – alle Olimpiadi di Pechino è stato straordinario e dolorosamente ordinario. Non importa quanto bene ci prepariamo, quanto siamo concentrati, quali esercizi mentali facciamo per essere pronti, la realtà è: queste cose accadono.
Mikaela Shiffrin stessa sembrava sconcertata come ha parlato ai giornalisti dopo avere inciampato nel cancello e non riuscendo a finire la gara di combinata alpina femminile giovedì, il suo terzo disastroso incidente ai Giochi.
-Non ho sentito la pressione lì … Voglio dire, c’è sempre pressione, ma non la sentivo … mi sentivo solo sciolta e rilassata, come se conoscessi il mio piano: concentrata, buona sciata, e lo stavo facendo-”.
Infatti, nella testa degli atleti può accadere che si affaccino pensieri inutili e dannosi che impediscono che quanto è stato ripetuto migliaia e migliaia di volte venga riprodotto senza l’interferenza della coscienza. L’esempio che faccio sempre agli atleti dei danni determinati dall’essere volontariamente concentrati sul compito riguarda lo scadere le scale. E’ un’attività assolutamente automatizzata che se viene svolta con il pensiero di farla bene o pensando ai movimenti da svolgere verrà svolta in modo goffo e meno fluido. Quindi lo stress non solo può favorire prestazioni negative aumentando o riducendo eccessivamente i livelli di attivazione fisica e mentale ma può ugualmente compromettere la prestazione facendo concentrare in modo analitico l’atleta su parti della sua prestazione.
Quindi, possiamo essere il peggior nemico di noi stessi anche se siamo preparati e questo succede molto più spesso di quando si creda.
Per queste ragioni mi auguro che le due Federazioni degli sport invernali i cui atleti/e italiani/e parteciperanno fra quattro anni alle prossime olimpiadi di Milano-Cortina abbiano intenzione di attivare da subito per le loro squadre dei servizi di consulenza psicologica che li/le aiutino a prepararsi mentalmente e a costruire un clima di squadra positivo per lo svolgimento delle gare.

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