CITTÀ DEL VATICANO. Un «genocidio virale». Per il Papa il rischio è reale: se i governi preferiranno tutelare l’economia piuttosto che difendere le loro popolazioni, sarà questo l’epilogo della pandemia di coronavirus che affligge attualmente il mondo. Senza dimenticare le disastrose conseguenze che, già da ora, si intravedono all’orizzonte: fame, violenza, disoccupazione, comparsa di usurai che sono «la vera piaga del futuro sociale, criminali disumanizzati».

Il monito del Pontefice, quasi uno sfogo personale, è riportato in una lettera di suo pugno inviata ad un magistrato di Buenos Aires, Roberto Andrés Gallardo, presidente del Comitato Panamericano dei giudici per i diritti sociali, nonché vecchia conoscenza di Jorge Mario Bergolio da oltre quindici anni e autore lo scorso anno di un libro sull’impatto globale dei gesti e della predicazione di Francesco. 

Della missiva dà notizia l’agenzia di stampa pubblica argentina Télam. In essa, il Papa plaude ai governi dei Paesi colpiti dal Covid-19 che, scrive, «hanno adottato misure esemplari con priorità ben definite per difendere la popolazione».

Affrontando in questo modo la crisi, scrive Francesco, i governanti «mostrano la priorità delle loro decisioni: le persone prima di tutto». «Questo è importante perché sappiamo tutti che difendere il popolo significa un disastro economico», rileva il Papa, «sarebbe triste se scegliessero il contrario, perché questo - avverte - porterebbe alla morte di molte persone, una specie di genocidio virale».

Papa Francesco non nasconde poi la sua preoccupazione per «la crescita geometricamente progressiva della pandemia». Solo in Italia, il Paese più colpito dopo la Cina, zona d’origine del focolaio, si è superata ieri la soglia dei 10mila morti. 

Al contempo Jorge Mario Bergoglio si dice «edificato» dall’azione quotidiana «di tante persone: medici, infermieri, volontari, religiose, religiosi, sacerdoti, che rischiano la vita per guarire e difendere le persone sane dalle infezioni». Per loro il Papa eleva a Dio ogni mattina una preghiera durante la messa mattutina a Santa Marta e non ha dimenticato di lodare il loro esempio durante la benedizione straordinaria “Urbi et Orbi” in piazza San Pietro di venerdì scorso.

Nella lettera al giudice suo conterraneo, il Vescovo di Roma rivolge un pensiero anche alle migliaia di persone in tutto il mondo che vivono questo tempo di restrizioni e chiusure. «È vero che queste misure “infastidiscono” coloro che sono costretti a rispettarle», scrive, «ma è sempre per il bene comune e, a lungo andare, la maggior parte delle persone le accetta e si muove con un atteggiamento positivo».

Francesco spiega al magistrato anche che nei giorni scorsi si è tenuto un incontro con le autorità del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale, «per riflettere sul presente e sul futuro». «È importante prepararsi per il futuro», afferma. Sia per le incertezze che questa inedita epidemia comporta, sia perché «stiamo già vedendo alcune conseguenze che devono essere affrontate: la fame, soprattutto per le persone senza lavoro fisso, la violenza, la comparsa di usurai». Sono loro, denuncia Bergoglio, «la vera piaga del futuro sociale, criminali disumanizzati».

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