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Napoli, pizza a 4 euro per rispondere alla polemica di Briatore

L’imprenditore: nel mio locale la pizza costa cara perché usiamo prodotti di qualità, paghiamo tasse e dipendenti. Dura replica delle pizzerie partenopee

Pizza Village Napoli, al via la decima edizione

2' di lettura

La risposta di alcuni pizzaioli napoletani a Flavio Briatore, criticato per aver sostenuto che la sua pizza è cara perché di qualità, andrà in scena martedì 21 giugno a mezzogiorno presso la storica pizzeria Sorbillo ai Tribunali, nel centro storico di Napoli, dove la Margherita verrà venduta a quattro euro, quella «a portafoglio» sarà distribuita gratis ai cittadini e si terrà una lezione per spiegare come nasce questo prodotto «super-economico ma sano e genuino» e a quali costi.

Lo rende noto il consigliere regionale e presidente della commissione Agricoltura della Campania, Francesco Emilio Borrelli, il quale ha anche deciso di convocare «una commissione congiunta con il presidente della commissione attività produttive Giovanni Mensorio per audire i maestri pizzaioli e gli esperti grazie ai quali negli anni - dice - si sono ottenuti importanti riconoscimenti come il marchio Stg (Specialità Tradizionale Garantita) e il riconoscimento Unesco».

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L’imprenditore e influencer, già mattatore della versione italiana del reality show The Apprentice, l’ha toccata piano su quanto i napoletani hanno di più sacro. E i napoletani non sono rimasti a guardare: «Le mode passano, la tradizione resta», ha detto il presidente dell’Unione delle pizzerie storiche napoletane «Le Centenarie» Salvatore Grasso, rispondendo alle «provocazioni» di Flavio Briatore che, in un messaggio via social ai titolari delle pizzerie di Napoli, aveva giustificato l’alto prezzo della pizza servita nel suo locale con l’utilizzo di materie prime di alta qualità, la giusta paga ai dipendenti e il peso delle tasse.

«Le nostre attività sono sul mercato da oltre un secolo - precisa Grasso - ma, per favore, non chiamiamo il locale di Briatore pizzeria. Il suo scontrino medio non è determinato dal prezzo della pizza. Il suo è un format, vincente. E ne siamo contenti. Ma un locale storico che vive da oltre un secolo non è certo da meno».

Un affondo, quello di Briatore, che i più hanno relegato a trovata di marketing, ma che ha scatenato più di una risposta. A fare chiarezza, il presidente dell’Associazione Pizzaiuoli Napoletani, Sergio Miccù, che spiega: «La pizza napoletana è un piatto pop, ossia popolare. Ha contribuito a sfamare intere generazioni, superando le crisi più dure che la città ha attraversato. Dalla guerra al colera. Il problema non è a quanto si venda la pizza con l’astice blu come condimento, ma a quanto sia giusto vendere una Margherita o una Marinara fatta con ingredienti di qualità. È troppo generico parlare di pizza: le classiche conservino il valore della tradizione e di piatto popolare. Quelle cosiddette da chef sono un’altra cosa e possono avere prezzi diversi».

Alessandro Condurro, ad dell’Antica Pizzeria Michele in the World, imprenditore con locali in tutto il mondo nati sulla scorta di una tradizione familiare, commenta: «Briatore ha fatto male i conti: è vero che la pizza non può costare più solo 4 euro, perché se si usano ingredienti di qualità, con tutti gli aumenti di oggi, non può essere pagata così poco. Ma può costarne 6, e non 14. A lui dico che io vendo la Marinara o la Margherita a 6 euro e questo non significa che ho i dipendenti in nero. Noi paghiamo tutti i contributi e le tasse».

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