Condividi: Share to Friend Share on Facebook Share on X Share on Telegram
Cattolica Library
Cattolica Library
 
Antonio Frova e l’iscrizione di Pilato
Francesca Caronni  |  31 marzo 2022

Tra i fondi che l’Università Cattolica annovera nel suo patrimonio di Archivi culturali rientra quello di Antonio Frova, l'archeologo cui si deve il ritrovamento nel 1961 della "Iscrizione di Pilato", che riveste tuttora un'importanza fondamentale in relazione al tema della storicità dei Vangeli.
Pervenuto alla Biblioteca di Milano nel 2010 per volontà testamentaria, è composto da una parte libraria di più di 400 titoli – ricercabili nell'apposita sezione del Catalogo d'Ateneo – e da una, di maggiore entità, di carattere archivistico. Oltre alla parte pervenuta all’Università Cattolica, altre due parti dell’archivio dello studioso sono state lasciate rispettivamente al Centro studi lunensi e alla città di Lodi.

Antonio Frova (Verona, 1914-Milano 2007) dopo la laurea conseguita nel 1935 presso l’Università Cattolica ricoprì nella sua carriera varie cariche: dapprima ispettore archeologo presso la Soprintendenza alle antichità della Lombardia, nel 1964 divenne direttore del Museo archeologico nazionale di Parma. Dal 1967 fino al 1976, in qualità di Soprintendente archeologo della Liguria, diede grande impulso alle ricerche nella regione, favorendo anche lo sviluppo della neonata archeologia medievale. Fu, inoltre, docente universitario.
Nel corso della sua carriera, diresse importanti missioni archeologiche, non solo in Italia (ad esempio a Lodi Vecchio e a Luni), ma anche all’estero: operò in Bulgaria e in Israele, in particolare a Cesarea marittima, la città portuale fondata da Erode il Grande nel I sec. a.C. sulla costa mediterranea del Regno di Giudea, sotto protettorato romano. Proprio a Cesarea (così chiamata in onore dell’imperatore Cesare Ottaviano Augusto) Frova rinvenne una lapide con un'iscrizione riferita a Ponzio Pilato, noto grazie ai Vangeli ma la cui esistenza, fino ad allora, risultava scarsamente documentata.
Si tratta di una lapide in origine posta su un edificio dedicato all'imperatore Tiberio e successivamente reimpiegata come gradino di uno scalone del teatro, dove fu ritrovata.
Il blocco di pietra calcarea (82 cm x 65) è datato 31 d.C. e vi si può ancora leggere il testo superstite dell'iscrizione:

[—]S TIBERIÉVM
[- PO]NTIVS PÌLATVS
[PRAEF]ECTVS IVDAE[A]E
[- – -]É[- – -]

traducibile in:
[----] Ponzio Pilato prefetto di Giudea Tiberieo [= edificio dedicato a Tiberio] ... [fece/edificò].

Senza approfondire in questa sede la delicata questione delle integrazioni proposte per le prima parte mancante, su cui gli studiosi hanno dibattuto avanzando proposte diverse, quello che è degno di nota è la citazione esplicita di Ponzio Pilato. Da secoli infatti si discuteva sulla autenticità storica non solo di Gesù, ma anche degli altri personaggi dei Vangeli, come appunto la figura di Pilato, per la quale si avevano fino ad allora solo le menzioni degli evangelisti e i pochi accenni di Tacito, Giuseppe Flavio e Filone di Alessandria nelle loro opere (Annales; Legatio ad Gaium; Antiquitates iudaicae, Bellum iudaicum): con questo ritrovamento, invece, per la prima volta compariva un'attestazione epigrafica coeva e ufficiale.
Non solo l’esistenza stessa di Pilato, ma anche la sua effettiva carica in Giudea era stata oggetto di controversie: Tacito lo cita come "procurator", ma l'iscrizione chiarisce come il suo titolo ufficiale fosse quello di "Praefectus Iudaeae", oltre a costituire una chiara testimonianza della sua devozione verso l’imperatore Tiberio.
L'iscrizione è dunque un documento storico di grande importanza e rappresenta tuttora l’unico riferimento diretto (non tratto da fonti letterarie) al prefetto romano passato alla storia per essersi lavato le mani al processo di Gesù.

Nel Fondo Frova si trova ampia documentazione sul ritrovamento dell'iscrizione: vi è raccolto molto materiale sulle campagne di scavo realizzate dall'archeologo con i suoi collaboratori (soprattutto nelle aree di Cesarea e di Luni), suddiviso in 8 serie che comprendono 227 unità archivistiche. In particolare, agli scavi di Cesarea e all’iscrizione di Pilato sono dedicate le serie 04 Cesarea e Palestina (12 unità) e la 05 Dossier Cesarea Ponzio Pilato (7 unità).

Lo straordinario reperto è conservato ora nel Museo d’Israele, a Gerusalemme, ma le autorità ebraiche, in segno di riconoscenza agli archeologi italiani, donarono loro una copia perfetta e in grandezza naturale della lapide che è possibile oggi ammirare al Civico Museo archeologico di Milano in Corso Magenta 15.

 
 
Seguici su: Facebook X Instagram Telegram