Language of document : ECLI:EU:C:2017:95

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

8 febbraio 2017 (1)

«Rinvio pregiudiziale – Pubblicità comparativa – Direttiva 2006/114/CE – Articolo 4 – Direttiva 2005/29/CE – Articolo 7 – Confronto obiettivo dei prezzi – Omissione ingannevole – Pubblicità in cui sono posti a confronto i prezzi di prodotti venduti in negozi diversi quanto a dimensioni o tipologia – Liceità – Informazione rilevante – Grado e supporto dell’informazione»

Nella causa C‑562/15,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia), con decisione del 29 ottobre 2015, pervenuta in cancelleria il 4 novembre 2015, nel procedimento

Carrefour Hypermarchés SAS

contro

ITM Alimentaire International SASU

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da M. Ilešič, presidente di sezione, A. Prechal, A. Rosas, C. Toader e E. Jarašiūnas (relatore), giudici,

avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe,

cancelliere: V. Tourrès, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 luglio 2016,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Carrefour Hypermarchés SAS, da B. Moreau-Margotin, M. Karsenty-Ricard, B. L’Homme-Houzai e F. Guerre, avocates;

–        per l’ITM Alimentaire International SASU, da P. Deprez e J.‑C. André, avocats;

–        per il governo francese, da D. Colas e J. Traband, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da C. Valero e D. Roussanov, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 19 ottobre 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4, lettere a) e c), della direttiva 2006/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa (GU 2006, L 376, pag. 21), e dell’articolo 7 della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU 2005, L 149, pag. 22).

2        Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia fra l’ITM Alimentaire International SASU (in prosieguo: l’«ITM») e la Carrefour Hypermarchés SAS (in prosieguo: la «Carrefour»), relativamente ad una campagna pubblicitaria televisiva lanciata da quest’ultima in cui si raffrontavano i prezzi di prodotti di grandi marche applicati presso negozi dell’insegna Carrefour e presso negozi di insegne concorrenti.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

3        Ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 2006/114 per «pubblicità ingannevole» si intende, ai fini della direttiva menzionata, «qualsiasi pubblicità che in qualsiasi modo, compresa la sua presentazione, induca in errore o possa indurre in errore le persone alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, dato il suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il comportamento economico di dette persone o che, per questo motivo, leda o possa ledere un concorrente».

4        L’articolo 4 di tale direttiva dispone quanto segue:

«Per quanto riguarda il confronto, la pubblicità comparativa è ritenuta lecita qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni: che essa

a)      non sia ingannevole ai sensi dell’articolo 2, lettera b, e degli articoli 3 e 8, paragrafo 1 della presente direttiva o degli articoli 6 e 7 della direttiva 2005/29 (…);

b)      confronti beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi;

c)      confronti obiettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il prezzo, di tali beni e servizi;

d)      non causi discredito o denigrazione di marchi, denominazioni commerciali, altri segni distintivi, beni, servizi, attività o circostanze di un concorrente;

e)      per i prodotti recanti denominazione di origine, si riferisca in ogni caso a prodotti aventi la stessa denominazione;

f)      non tragga indebitamente vantaggio dalla notorietà connessa al marchio, alla denominazione commerciale o ad altro segno distintivo di un concorrente o alle denominazioni di origine di prodotti concorrenti;

g)      non rappresenti un bene o servizio come imitazione o contraffazione di beni o servizi protetti da un marchio o da una denominazione commerciale depositati;

h)      non ingeneri confusione tra i professionisti, tra l’operatore pubblicitario ed un concorrente o tra i marchi, le denominazioni commerciali, altri segni distintivi, i beni o i servizi dell’operatore pubblicitario e quelli di un concorrente».

5        L’articolo 6 della direttiva 2005/29, intitolato «Azioni ingannevoli», dispone quanto segue:

«1.      È considerata ingannevole una pratica commerciale che contenga informazioni false e sia pertanto non veritiera o in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, inganni o possa ingannare il consumatore medio, anche se l’informazione è di fatto corretta, riguardo a uno o più dei seguenti elementi e in ogni caso lo induca o sia idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso:

(…)

d)      il prezzo o il modo in cui questo è calcolato o l’esistenza di uno specifico vantaggio quanto al prezzo;

(…)».

6        L’articolo 7 della direttiva 2005/29, intitolato «Omissioni ingannevoli», è così formulato:

«1.      È considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, ometta informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induca o sia idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

2.      Una pratica commerciale è altresì considerata un’omissione ingannevole quando un professionista occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo le informazioni rilevanti di cui al paragrafo 1, tenendo conto degli aspetti di cui a detto paragrafo, o non indica l’intento commerciale della pratica stessa, qualora non risultino già evidenti dal contesto e quando, in uno o nell’altro caso, ciò induce o è idoneo a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

3.      Qualora il mezzo di comunicazione impiegato per comunicare la pratica commerciale imponga restrizioni in termini di spazio o di tempo, nel decidere se vi sia stata un’omissione di informazioni si tiene conto di dette restrizioni e di qualunque misura adottata dal professionista per mettere le informazioni a disposizione dei consumatori con altri mezzi.

(…)».

 Diritto francese

7        L’articolo L. 121-8 del code de la consommation (codice del consumo), nella versione in vigore alla data dei fatti in discussione nel procedimento principale, dispone quanto segue:

«Qualsiasi pubblicità che metta a confronto beni o servizi identificando, implicitamente o esplicitamente, un concorrente o beni o servizi offerti da un concorrente è lecita unicamente qualora:

1      non sia ingannevole o atta ad indurre in errore;

2      riguardi beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono lo stesso obiettivo;

3      confronti oggettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il prezzo, di tali beni o servizi».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

8        Nel corso del dicembre 2012, la Carrefour ha lanciato una campagna pubblicitaria televisiva su vasta scala, intitolata «garantie prix le plus bas Carrefour (garanzia del prezzo più basso Carrefour)», in cui si raffrontavano i prezzi di 500 prodotti di grandi marche applicati presso i negozi con insegna Carrefour e presso negozi d’insegne concorrenti, fra cui i negozi Intermarché, e si offriva al consumatore il rimborso del doppio della differenza di prezzo se avesse rinvenuto altrove un prezzo più basso.

9        Gli spot pubblicitari mandati in onda evidenziavano differenze di prezzo favorevoli alla Carrefour e, in particolare, i prodotti venduti nei negozi dell’insegna Intermarché vi erano mostrati come sistematicamente più cari rispetto a quelli della Carrefour. A partire dal secondo spot televisivo, i negozi Intermarché selezionati per il confronto erano tutti supermercati e i negozi Carrefour erano tutti ipermercati. Tale informazione compariva solamente sulla pagina iniziale del sito Internet della Carrefour con la dicitura in piccoli caratteri secondo cui la garanzia era «valida esclusivamente presso i negozi Carrefour e Carrefour Planet» e che dunque la stessa «non [era] valida nei negozi Carrefour Market, Carrefour Contact, Carrefour City». Negli spot televisivi, sotto il nome Intermarché, compariva, in caratteri più piccoli, la dicitura «Super».

10      Il 2 ottobre 2013, dopo aver intimato alla Carrefour di cessare la diffusione di tale pubblicità, l’ITM, società incaricata della strategia e della politica commerciale delle insegne di distribuzione alimentare del gruppo «groupe des Mousquetaires», cui appartengono segnatamente la Intermarché Hyper e la Intermarché Super, ha citato la Carrefour dinanzi al tribunal de commerce de Paris (Tribunale commerciale di Parigi, Francia) al fine di ottenere: la condanna di quest’ultima a versarle un importo pari a EUR 3 milioni a titolo di risarcimento dei danni, il divieto della diffusione della pubblicità controversa nonché di qualsiasi pratica di pubblicità comparativa basata su modalità di confronto analoghe, la cessazione a pena di sanzione pecuniaria della diffusione su Internet di otto spot pubblicitari, la cessazione a pena di sanzione pecuniaria, di qualsiasi presentazione in cui si confronti la differenza di prezzo media delle diverse insegne sulla base di una metodologia di confronto non obiettiva, nonché la pubblicazione dell’emananda sentenza.

11      Con sentenza del 31 dicembre 2014, il tribunal de commerce de Paris (Tribunale commerciale di Parigi) ha condannato la Carrefour a versare all’ITM un importo pari a EUR 800 000 a titolo di risarcimento dei danni subiti, ha accolto le domande finalizzate al divieto della diffusione della pubblicità di cui trattasi e ha disposto la pubblicazione della summenzionata sentenza.

12      Tale giudice ha ritenuto, in particolare, che la Carrefour, adottando un metodo ingannevole di selezione dei punti vendita, che falsa la rappresentatività del confronto di prezzo, non avesse rispettato i requisiti di obiettività di cui all’articolo L. 121‑8 del codice del consumo, e che siffatte inosservanze dei requisiti di neutralità e obiettività di una campagna pubblicitaria comparativa costituissero atti di concorrenza sleale. Esso ha del pari rilevato che le informazioni riportate sul sito Internet della Carrefour non consentivano al consumatore di rendersi conto con chiarezza che tale confronto dei prezzi veniva effettuato tra negozi di dimensioni diverse.

13      La Carrefour ha interposto appello avverso la menzionata sentenza dinanzi alla cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia) e ha domandato, nell’ambito dell’istruzione della causa, di sottoporre alla Corte un rinvio pregiudiziale.

14      Dinanzi al giudice in parola, la Carrefour ha fatto valere che l’interpretazione della direttiva 2006/114, di cui l’articolo L. 121‑8 del codice del consumo è diretto a garantire la trasposizione, era necessaria per dirimere il procedimento principale, giacché si trattava di accertare se un confronto del prezzo di prodotti selezionati sia lecito soltanto qualora i medesimi vengano commercializzati presso negozi identici quanto a dimensioni o tipologia.

15      L’ITM si è opposta alla domanda di rinvio pregiudiziale, affermando che la questione proposta non era necessaria ai fini della soluzione del procedimento principale, poiché ad essere in discussione in quest’ultimo non era il divieto di confrontare i prezzi di prodotti commercializzati presso negozi diversi quanto a tipologia o dimensioni, bensì la valutazione del carattere ingannevole della pubblicità nella misura in cui il consumatore non era stato chiaramente e oggettivamente informato della differenza quanto a tipologia o dimensioni fra i negozi oggetto del confronto.

16      Il magistrato incaricato dell’istruzione ha fatto osservare che era proprio il principio stesso di una pubblicità comparativa di prezzi fra negozi diversi quanto a tipologia ad aver motivato la decisione del giudice di primo grado e ha ritenuto che fosse la cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi), investita dell’intera controversia, a doversi pronunciare su tale punto. Inoltre, ha posto in evidenza che, qualora il principio della pubblicità comparativa di prezzi fra negozi diversi quanto a tipologia venisse considerato conforme alla direttiva 2006/114, la cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi) dovrebbe altresì interrogarsi sul punto se il fatto che i negozi i cui prezzi erano oggetto del confronto erano diversi quanto a tipologia e dimensioni costituisse un’informazione rilevante, ai sensi della direttiva 2005/29, che deve essere necessariamente segnalata al consumatore e, in caso affermativo, quale debba essere il grado o il supporto di diffusione di tale informazione.

17      È in tale contesto che la cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      [S]e l’articolo 4, lettere a) e c), della direttiva [2006/114] ai sensi del quale “la pubblicità comparativa è ritenuta lecita qualora (…) non sia ingannevole (…) [e] confronti obiettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative (…) di tali beni e servizi”, debba essere interpretato nel senso che un confronto dei prezzi di prodotti venduti da insegne di distribuzione sia lecito soltanto qualora i prodotti siano venduti in negozi identici quanto a tipologia o dimensioni.

2)      [S]e la circostanza che i negozi i cui prezzi vengono confrontati siano diversi quanto a dimensioni e tipologia costituisca un’informazione rilevante ai sensi della [direttiva 2005/29] e debba quindi essere necessariamente segnalata al consumatore.

3)      In caso affermativo, (…) quale debba essere il grado e/o il supporto di diffusione di tale informazione presso il consumatore».

 Sulle questioni pregiudiziali

18      Con le tre questioni poste, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, lettere a) e c), della direttiva 2006/114 debba essere interpretato nel senso che è illecita una pubblicità, come quella in discussione nel procedimento principale, in cui si confrontano i prezzi di prodotti venduti in negozi diversi quanto a dimensioni e tipologia. Detto giudice, inoltre, si chiede se la circostanza che i negozi i cui prezzi sono posti a confronto siano diversi quanto a dimensioni e tipologia costituisca un’informazione rilevante, ai sensi dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2005/29, cui rinvia l’articolo 4, lettera a), della direttiva 2006/114, e, eventualmente, quale sia il grado e il supporto di diffusione di cui debba essere dotata l’informazione in parola.

19      Va osservato che la direttiva 2006/114 risulta dalla codificazione della direttiva 84/450/CEE del Consiglio, del 10 settembre 1984, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa (GU 1984, L 250, pag. 17), la quale, dopo essere stata più volte modificata, è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2006/114, cosicché la giurisprudenza della Corte vertente sull’interpretazione della direttiva 84/450 è pienamente applicabile alle situazioni che rientrano nell’ambito della direttiva 2006/114.

20      Occorre pertanto ricordare che la direttiva 2006/114 ha compiuto un’armonizzazione esaustiva delle condizioni di liceità della pubblicità comparativa negli Stati membri e che una simile armonizzazione implica, per definizione, che la liceità della pubblicità comparativa dev’essere valutata unicamente alla luce dei criteri stabiliti dal legislatore dell’Unione (v. sentenze dell’8 aprile 2003, Pippig Augenoptik, C‑44/01, EU:C:2003:205, punto 44, e del 18 novembre 2010, Lidl, C‑159/09, EU:C:2010:696, punto 22).

21      Inoltre, secondo una costante giurisprudenza della Corte, giacché la pubblicità comparativa contribuisce a mettere oggettivamente in evidenza i pregi dei vari prodotti comparabili e quindi a stimolare la concorrenza tra i fornitori di beni e di servizi nell’interesse dei consumatori, le condizioni imposte dalla pubblicità comparativa devono interpretarsi nel senso più favorevole a questa, garantendo al contempo che la pubblicità comparativa non sia utilizzata in modo sleale e negativo per la concorrenza o in modo da arrecare pregiudizio agli interessi dei consumatori (v., in tal senso, sentenze del 25 ottobre 2001, Toshiba Europe, C‑112/99, EU:C:2001:566, punti 36 e 37; del 19 settembre 2006, Lidl Belgium, C‑356/04, EU:C:2006:585, punto 22, e del 18 novembre 2010, Lidl, C‑159/09, EU:C:2010:696, punti 20 e 21 e giurisprudenza ivi citata).

22      Orbene, da un lato, l’articolo 4 della direttiva 2006/114 non richiede che la tipologia o le dimensioni dei negozi nei quali sono venduti i prodotti i cui prezzi sono oggetto di raffronto siano simili, e dall’altro, un raffronto dei prezzi di prodotti comparabili venduti in negozi diversi quanto a tipologia o dimensioni è, di per sé, idonea a contribuire alla realizzazione degli obiettivi della pubblicità comparativa ricordati al punto precedente della presente sentenza e non incide sulla requisito di una concorrenza leale né sugli interessi dei consumatori.

23      Ciò considerato, una pubblicità che pone a confronto i prezzi di prodotti venduti in negozi diversi quanto a dimensioni o tipologia può essere considerata lecita ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 2006/114 unicamente qualora ricorrano tutti i requisiti menzionati all’articolo in parola.

24      In particolare, una pubblicità del genere deve confrontare obiettivamente i prezzi e non essere ingannevole.

25      Da un lato, infatti, dall’articolo 4, lettera c), della direttiva 2006/114 discende che i prezzi devono essere confrontati obiettivamente (v., in tal senso, sentenza del 19 settembre 2006, Lidl Belgium, C‑356/04, EU:C:2006:585, punto 45).

26      Orbene, in talune circostanze, la differenza quanto a dimensioni o tipologia dei negozi nei quali sono stati rilevati i prezzi posti a confronto dall’operatore pubblicitario può falsare l’obiettività del confronto. Tale situazione può verificarsi allorché l’operatore pubblicitario e i concorrenti presso i quali i prezzi sono stati rilevati appartengono ad insegne ciascuna delle quali possiede una gamma di negozi diversi quanto a dimensioni e tipologia e l’operatore pubblicitario confronta i prezzi applicati nei negozi della sua insegna di dimensioni o tipologia superiori con quelli rilevati in negozi delle insegne concorrenti di dimensioni o tipologia inferiori, senza che ciò appaia nella pubblicità.

27      Come difatti rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 43 e 57 delle sue conclusioni, i prezzi dei beni di consumo corrente possono subire variazioni in funzione della tipologia e delle dimensioni del negozio, cosicché un confronto asimmetrico può avere l’effetto di creare o aumentare artificiosamente la differenza fra i prezzi dell’operatore pubblicitario e il concorrente in funzione della selezione dei negozi oggetto di confronto.

28      D’altro lato, l’articolo 4, lettera a), della direttiva 2006/114 richiede che la pubblicità comparativa non sia ingannevole, ai sensi dell’articolo 2, lettera b), di tale direttiva o degli articoli 6 e 7 della direttiva 2005/29.

29      Dalle menzionate disposizioni discende che è ingannevole una pubblicità comparativa che, in qualsiasi modo, tramite azioni oppure omissioni, possa indurre in errore i consumatori a cui è rivolta e pregiudicare il comportamento economico di questi ultimi o, per tale motivo, ledere un concorrente. È quindi ingannevole, segnatamente, in forza dell’articolo 4, lettera a), della direttiva 2006/114, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2005/29, una pubblicità che ometta informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale, o che occulti un’informazione del genere o la presenti in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo, e che, di conseguenza, può indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

30      Se la direttiva 2005/29 non definisce la nozione di «informazioni rilevanti», dall’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della stessa risulta nondimeno che è dotata di siffatta qualità un’informazione di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e l’omissione della quale, di conseguenza, può indurre quest’ultimo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

31      Spetta ai giudici nazionali accertare, alla luce delle peculiarità di ciascun caso di specie, se, tenuto conto dei consumatori ai quali è rivolta, una siffatta pubblicità possa avere tale carattere ingannevole (v., in tal senso, sentenze del 18 novembre 2010, Lidl, C‑159/09, EU:C:2010:696, punto 46 e giurisprudenza ivi citata, e del 12 maggio 2011, Ving Sverige, C‑122/10, EU:C:2011:299, punto 51). A tal fine, detti giudici devono, da un lato, prendere in considerazione la percezione dei prodotti o servizi che formano oggetto della pubblicità di cui trattasi da parte del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto e, dall’altro, tener conto di tutti gli elementi pertinenti della causa, considerando, come risulta dall’articolo 3 della direttiva 2006/114, le indicazioni contenute nella pubblicità e, più in generale, tutti gli elementi di questa (v., in tal senso, sentenza del 18 novembre 2010, Lidl, C‑159/09, EU:C:2010:696, punti 47 e 48 e giurisprudenza ivi citata).

32      Nel caso di specie, una pubblicità in cui l’operatore pubblicitario, per confrontare i prezzi di prodotti venduti nei propri e negozi con quelli di prodotti venduti in negozi concorrenti, prende in considerazione, da un lato, i prezzi applicati, nei negozi della propria insegna di dimensioni o tipologia superiori, e, dall’altro, i prezzi rilevati in negozi di insegne concorrenti di dimensioni o tipologia inferiori, laddove tutte le insegne in parola dispongono di una gamma di negozi diversi quanto a tipologia o dimensioni, è idonea ad indurre in errore il consumatore medio, ingenerando in quest’ultimo l’impressione che tutti i negozi appartenenti alle suddette insegne siano stati presi in considerazione per realizzare il confronto e che le differenze di prezzo indicate siano valide per tutti i negozi di ciascuna insegna, indipendentemente dalla loro tipologia o dalle loro dimensioni, mentre, per le ragioni esposte al punto 27 della presente sentenza, così non necessariamente avviene nel caso in esame.

33      La pubblicità in discussione è idonea ad esplicare un’influenza sul comportamento economico del consumatore, inducendolo ad assumere una decisione nell’errato convincimento che beneficerà delle differenze di prezzo vantate nella pubblicità acquistando i prodotti reclamizzati in tutti i negozi dell’insegna dell’operatore pubblicitario piuttosto che in negozi delle insegne concorrenti.

34      Ne consegue che una siffatta pubblicità è tale da essere ingannevole, ai sensi dell’articolo 4, lettera a), della direttiva 2006/114.

35      La situazione è tuttavia diversa se il consumatore è informato della circostanza che la pubblicità in discussione pone a raffronto i prezzi applicati nei negozi di dimensioni o tipologia superiori dell’insegna dell’operatore pubblicitario con i prezzi rilevati in negozi di dimensioni o tipologia inferiori di insegne concorrenti, giacché il consumatore ha dunque contezza che è soltanto quando acquista i prodotti di cui trattasi nei negozi di tipologia o dimensioni superiori dell’insegna dell’operatore pubblicitario che può beneficiare delle differenze di prezzo vantate nella pubblicità. Di conseguenza, siffatta informazione, nel contesto di una pubblicità del genere che pone a confronto i prezzi applicati in negozi appartenenti ad insegne che possiedono ognuna una gamma di negozi diversi quanto a tipologia e dimensioni, è necessaria al consumatore affinché assuma consapevolmente la decisione di acquistare i prodotti in discussione nei negozi dell’operatore pubblicitario piuttosto che nei negozi concorrenti e non sia indotto a prendere una decisione di acquisto che non avrebbe altrimenti adottato. Pertanto, nel contesto in parola, si tratta di un’informazione rilevante ai sensi dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2005/29.

36      Dalle considerazioni che precedono discende che una pubblicità, come quella in discussione nel procedimento principale, che raffronta i prezzi di prodotti venduti in negozi diversi quanto a tipologia o dimensioni è tale, allorché detti negozi appartengono ad insegne ognuna delle quali possiede negozi diversi quanto a tipologia e dimensioni e l’operatore pubblicitario raffronta i prezzi praticati nei negozi di tipologia o dimensioni superiori della propria insegna con quelli rilevati nei negozi di tipologia o di dimensioni inferiori delle insegne concorrenti, da non soddisfare il requisito di obiettività del confronto che discende dall’articolo 4, lettera c), la direttiva 2006/114 e da essere ingannevole, ai sensi dell’articolo 4, lettera a), della menzionata direttiva, a meno che i consumatori non siano informati che il raffronto è stato effettuato fra i prezzi applicati nei negozi di dimensioni o tipologia superiori dell’insegna dell’operatore pubblicitario con quelli rilevati in negozi di dimensioni o tipologia inferiori delle insegne concorrenti.

37      Quanto al grado e al supporto che deve avere una siffatta informazione rilevante, si deve osservare che la direttiva 2005/29 non contiene prescrizioni precise a tale riguardo. Nondimeno, risulta dall’articolo 7, paragrafo 2, della menzionata direttiva, da un lato, che un’informazione rilevante non può essere occultata o presentata in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo, e dall’articolo 7, paragrafi 1 e 3, della medesima direttiva, dall’altro, che occorre tenere conto, per valutare se siano state omesse informazioni, dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato e, qualora detto mezzo imponga restrizioni in termini di spazio o di tempo, di qualunque misura adottata dal professionista per mettere le informazioni a disposizione dei consumatori con altri mezzi.

38      Per quanto riguarda una pubblicità come quella in discussione nel procedimento principale, dalle considerazioni esposte in precedenza risulta che l’informazione relativa alla circostanza che il confronto è stato effettuato fra i prezzi applicati nei negozi di dimensioni o tipologia superiori dell’insegna dell’operatore pubblicitario e quelli rilevati in negozi di dimensioni o tipologia inferiori delle insegne concorrenti costituisce un elemento in assenza del quale è molto probabile che la pubblicità non soddisfi il criterio di obiettività del confronto e presenti un carattere ingannevole. Di conseguenza, siffatta informazione deve non soltanto essere fornita in modo chiaro, ma, come osservato dall’avvocato generale ai paragrafi da 75 a 79 delle sue conclusioni, comparire nel messaggio pubblicitario stesso.

39      Spetta al giudice del rinvio verificare se, nel procedimento principale, alla luce delle circostanze della fattispecie, la pubblicità in discussione nel procedimento principale non soddisfi il requisito di obiettività del confronto e presenti un carattere ingannevole, prendendo in considerazione gli elementi ricordati al punto 31 della presente sentenza, in particolare le indicazioni fornite nella pubblicità stessa relativamente ai negozi dell’insegna dell’operatore pubblicitario e a quelli delle insegne concorrenti i cui prezzi sono stati posti a confronto, giacché tali elementi sono rilevanti per valutare tanto l’obiettività del confronto quanto il carattere ingannevole della pubblicità in parola.

40      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, le questioni proposte debbono essere risolte dichiarando quanto segue:

–        L’articolo 4, lettere a) e c), della direttiva 2006/114, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 2005/29, deve essere interpretato nel senso che può essere illecita, ai sensi della prima delle menzionate disposizioni, una pubblicità, come quella in discussione nel procedimento principale, in cui sono posti a confronto i prezzi di prodotti venduti in negozi diversi quanto a tipologia o dimensioni, laddove tali negozi appartengano ad insegne ognuna delle quali dispone di una gamma di negozi diversi quanto a tipologia e dimensioni e l’operatore pubblicitario confronti i prezzi applicati nei negozi di dimensioni o tipologia superiori della propria insegna con quelli rilevati in negozi di dimensioni o tipologia inferiori delle insegne concorrenti, a meno che i consumatori non siano informati, in modo chiaro e dal messaggio pubblicitario stesso, che il raffronto è stato effettuato fra i prezzi applicati nei negozi di dimensioni o tipologia superiori dell’insegna dell’operatore pubblicitario e quelli rilevati in negozi di dimensioni o tipologia inferiori delle insegne concorrenti.

–        Spetta al giudice del rinvio, per valutare la liceità di una simile pubblicità, verificare se, nel procedimento principale, alla luce delle circostanze della fattispecie, la pubblicità di cui trattasi soddisfi il requisito di obiettività del confronto e/o presenti un carattere ingannevole, da un lato, prendendo in considerazione la percezione dei prodotti in parola da parte del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto e, dall’altro, tenendo conto delle indicazioni che compaiono nella menzionata pubblicità, in particolare di quelle relative ai negozi dell’insegna dell’operatore pubblicitario e a quelli delle insegne concorrenti i cui prezzi sono stati posti a confronto, e, più in generale, di tutti gli elementi della medesima.

 Sulle spese

41      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

L’articolo 4, lettera a) e c), della direttiva 2006/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali»), deve essere interpretato nel senso che può essere illecita, ai sensi della prima delle menzionate disposizioni, una pubblicità, come quella in discussione nel procedimento principale, in cui sono posti a confronto i prezzi di prodotti venduti in negozi diversi quanto a tipologia o dimensioni, laddove tali negozi appartengano ad insegne ognuna delle quali dispone di una gamma di negozi diversi quanto a tipologia e dimensioni e l’operatore pubblicitario confronti i prezzi applicati nei negozi di dimensioni o tipologia superiori della propria insegna con quelli rilevati in negozi di dimensioni o tipologia inferiori delle insegne concorrenti, a meno che i consumatori non siano informati, in modo chiaro e dal messaggio pubblicitario stesso, che il raffronto è stato effettuato fra i prezzi applicati nei negozi di dimensioni o tipologia superiori dell’insegna dell’operatore pubblicitario e quelli rilevati in negozi di dimensioni o tipologia inferiori delle insegne concorrenti.

Spetta al giudice del rinvio, per valutare la liceità di una simile pubblicità, verificare se, nel procedimento principale, alla luce delle circostanze della fattispecie, la pubblicità di cui trattasi soddisfi il requisito di obiettività del confronto e/o presenti un carattere ingannevole, da un lato, prendendo in considerazione la percezione dei prodotti in parola da parte del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto e, dall’altro, tenendo conto delle indicazioni che compaiono nella menzionata pubblicità, in particolare di quelle relative ai negozi dell’insegna dell’operatore pubblicitario e a quelli delle insegne concorrenti i cui prezzi sono stati posti a confronto, e, più in generale, di tutti gli elementi della medesima.

Firme


1* Lingua processuale: il francese.