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Pane fresco, i consumi tengono. La priorità è ridurre gli sprechi

Dai multicereali ai grani antichi, i 20mila panifici artigianali dopo il calo di vendite degli ultimi anni, frenano la fuga di consumatori con soluzioni che allungano la vita dei prodotti

di Manuela Soressi

2' di lettura

L’84,9% degli italiani non rinuncia al rito del pane fresco e continua a comprarlo dai 20mila panifici artigianali in attività, che ne sfornano circa 1,5 milioni di tonnellate l’anno (fonte Aibi). Ma ne acquistano meno che in passato e con minor frequenza, tanto che in 40 anni il consumo è diminuito del 65%, crollando a 85 grammi giornalieri pro capite (fonte Associazione Panificatori di Confcommercio Milano). In parallelo, però, sono esplose le vendite di pani industriali, arrivate a oltre 216 tonnellate (fonte NielsenIQ), e molti prodotti che hanno continuato a crescere anche nel difficile 2022, come il pane da tramezzino (+8,5% in volume), i panini, tipo quelli da hamburger (+8,3%) e il pancarrè (+5 per cento).

Uno scenario che costringe i panificatori a ripensare il loro business. Come? Prima di tutto rinnovando i prodotti. «Piacciono le ricette speciali, come i multicereali, e i pani salutari– afferma Alberto Molinari, presidente di Aibi, l’Associazione Italiana Bakery Ingredients – e si preferiscono i formati piccoli e la pagnotta, perché resiste più giorni».

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La lunga durata del pane è determinante per l’acquisto, soprattutto in chiave antispreco (nel 2022 ogni italiano ha gettato in media 1 kg di pane, secondo il Rapporto Waste Watcher). Sul Pane Toscano Dop si è appena concluso un progetto di ricerca triennale, condotto dalle università di Pisa e Firenze, per prolungarne i tempi di conservazione. «Intervenendo sulle caratteristiche del frumento e utilizzando modalità di conservazione innovative (come CO2 e argon), riusciamo a far durare il nostro pane fresco fino a 40 giorni – spiega Daniele Pardini, direttore del Consorzio di tutela, che ha appena presentato una modifica del disciplinare per avviare anche la produzione di Pane Toscano Dop scuro».

Prolungare la shelf life del pane significa anche poterlo mantenere a scaffale più a lungo, riducendo invenduto e spreco. Un tema che sta molto a cuore ai panificatori, promotori di tante soluzioni per gestire le eccedenze di pane fresco, come la vendita a prezzo scontato dal tardo pomeriggio, la “bruschettatura” del pane vecchio e la produzione su prenotazione. Misure che aiutano anche a migliorare la redditività dei panificatori (5-10% l’utile netto medio) messa a dura prova dai rincari dei costi delle materie prime e delle tariffe energetiche. Da mesi le associazioni di categoria chiedono interventi per contrastare il caro costi e salvare il pane artigianale, senza dover aumentare i prezzi saliti in 10 anni del 57% secondo Altroconsumo.

Un tema quello del prezzo del pane che però sembra secondario per la parte più dinamica del mercato, quella delle bakery di nuova generazione. Realtà che hanno puntato su grani antichi e cereali di nicchia, pasta madre e lunghe lievitazioni, offrendo pani di qualità, provenienti da filiere virtuose (talvolta di proprietà), ottenendo un immediato successo. Emblematico il caso di Forno Brisa, insegna di punta di Breaders srl, passata da 350mila euro di fatturato del 2016 ai 2,3 milioni previsti nel 2023 e campione di equity crowfunding. Dopo aver superato di sei volte l’obiettivo del 2020 (raccogliendo 1,2 milioni di euro, serviti anche per progetti non previsti, come l'apertura della roastery e della linea cioccolato) ha appena raddoppiato il target della nuova campagna, salito a 4 milioni.

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