Condividi: Share to Friend Share on Facebook Share on X Share on X
Cattolica Library
Cattolica Library
 
«Non abbiamo vissuto come i bruti»: memorie italiane dal lager
Paolo Senna  |  28 gennaio 2021

I fondi archivistici di persona raccolgono, attraverso i materiali biografici e di lavoro che conservano, il tracciato di un’esistenza. Ad essi si guarda per ricostruire vicende, pubbliche e private, che costituiscono la storia minore, spesso minima, che rappresenta l’evolversi di una vicenda personale o familiare oppure i contesti nei quali si realizzano e prendono forma opere letterarie e artistiche.
In questo modo, i fondi archivistici restituiscono non solo traiettorie e percorsi, ma anche intenzioni: ci dicono da un lato come gli uomini hanno agito e dall’altro, per usare le parole che in altra sede impiegò Manzoni, «ciò che hanno pensato, i sentimenti che hanno accompagnato le loro deliberazioni e i loro progetti, i loro successi e insuccessi, i discorsi con i quali hanno fatto e cercato di far prevalere le loro passioni e le loro volontà su altre passioni e altre volontà, con i quali hanno espresso la loro collera, effuso la loro tristezza, con i quali in una parola, hanno manifestato la loro individualità». Di tutto questo, in piccola o in grande parte, resta sedimento materiale nelle carte d’archivio.

Se invece ci muoviamo da un punto di vista differente, le carte d’archivio ci sanno suggerire come gli eventi della Storia maggiore hanno influito sulla minore, privata o familiare; ma ci avvertono a volte anche del contrario: di come cioè gli uomini con le loro scelte e azioni incidano sulla Storia maggiore del tempo in cui sono immersi, e in che modo contribuiscano a interpretarla o a cambiarla.
Un esempio che appare particolarmente significativo, in occasione della ricorrenza della Giornata della memoria, ci viene dalle carte del Fondo Ignazio Cazzaniga conservato nella Biblioteca del campus milanese dell'Università Cattolica. Nato a Genova nel 1911 e spentosi a Rapallo nel 1974, Cazzaniga è stato un illustre docente dell’Università degli Studi di Milano dove ricoprì la cattedra di Filologia classica e di Letteratura latina e dove fu a lungo direttore dell’Istituto Papirologico. Il Fondo a lui intitolato raccoglie oltre 2.500 fra volumi e opuscoli che possono essere consultati attraverso l'apposita sezione del Catalogo d’Ateneo. È inoltre conservato un piccolo insieme di carte, tra le quali vi sono alcune raccolte poetiche apparentemente inedite e un gruppo di documenti, perlopiù disegni, circoscrivibili al periodo di internamento trascorso durante la Seconda guerra mondiale, tra il 1943 e il 1945.

Cazzaniga infatti fu ufficiale di complemento durante la guerra e, all’indomani dell’armistizio, fu fatto prigioniero a Rodi dall’esercito tedesco e venne deportato nei campi di lavoro in Germania. I prigionieri di guerra non di rado venivano spostati da un campo all’altro e così Cazzaniga, in base alle fonti di cui disponiamo, si trovò per un certo periodo a Münster (Vestfalia) e a Sandbostel (Bassa Sassonia). Sandbostel, in particolare, era un campo di vaste dimensioni dove, fra il 1939 e il 1945, furono internate almeno un milione di persone di oltre quaranta nazionalità differenti. Era composto da diverse baracche disposte attorno a una grossa pozza di raccolta dell’acqua piovana, ironicamente chiamata “laghetto”. In questo luogo Cazzaniga fu attivo nell’organizzazione di corsi e conferenze assieme ad altri intellettuali compagni di prigionia che sarebbero diventati, come lui, illustri cattedratici nell’Italia repubblicana. Rammenta al proposito Alessandro Natta:

Ricordo che anche l’antichità classica, nella sensibile e acuta illustrazione che ne diedero uomini di cultura come Ignazio Cazzaniga, apparve alla stupefatta attenzione di molti giovani come qualcosa di ben diverso dalla mascherata rettorica che il fascismo ne aveva fatto nelle scuole e nella propaganda imperialistica. Anche i poeti e gli storici dell’antica Grecia e di Roma potevano giovare nel tentativo di ridar vita alla dignità dell’uomo, a un libero sentire, a una concezione della vita e della società in cui la persona umana non fosse umiliata in una continua e offensiva servitù. A questo medesimo fine miravano le lezioni di storia della filosofia di Enzo Paci e le letture di Dante di Carmelo Cappuccio che ascoltai a Sandbostel.[1]

Molti furono gli intellettuali europei deportati a Sandbostel: da Louis Althusser a Léo Malet, da Paul Ricoeur al nostro Giovannino Guareschi che affidò il racconto della vita quotidiana del campo al suo Diario Clandestino.[2] L’autore di Don Camillo parlò addirittura di una vera e propria “Regia Università di Sandbostel”, con un pizzico di immancabile ironia, in una pagina che nell’immediatezza con cui restituisce la descrizione degli eventi ci dice molto della potenza della poesia anche in quel contesto di difficoltà estrema:

3 giugno

Giugno tedesco comincia con una giornata autunnale, fredda e piovigginosa. Il cielo sembra essersi ricordato dell’estrema gravità dell’ora ed è ridiventato arcigno come la gente che esso opprime dalla nascita alla morte.
L’università che ieri aveva iniziato i suoi corsi, sospende le lezioni fino al ritorno del bel tempo. Perché si tratta d’una università con orari e programmi precisi e fior di docenti, ma senza tetto.
Un gruppetto di gente seduta per terra dietro la baracca X: aula di Giurisprudenza; un gruppetto dietro la baracca Y: aula di Belle Lettere; uno dietro la baracca Z: aula d’Ingegneria; poi l’aula di Agraria, poi l’aula di Ragioneria.
Dalla torretta di rimpetto all’aula di Belle Lettere, la sentinella assiste indifferente alla “lectura Dantis”, e ode parole che non può capire:

…lungo la proda del bollor vermiglio
ove i bolliti facean alte strida.
Io vidi gente sotto infino al ciglio;
e il gran Centauro disse: Ei son tiranni
che dier nel sangue e nell’aver di piglio.
Quivi si piangon gli spietati danni[3]

Fu sempre a Sandbostel che nacque Radio Caterina, realizzata con mezzi di fortuna dai tecnici e radiotecnici internati. Un apparecchio che, avventurosamente tenuto nascosto dai prigionieri, costituì un momento importante per la diffusione delle notizie belliche e per la diffusione della Resistenza.

Cazzaniga fece la sua parte, contribuendo a ripristinare la corretta lettura dell’antichità classica, ma anche organizzando letture poetiche e rappresentazioni teatrali, come dimostrano alcuni disegni e documenti conservati nel Fondo (tra cui quelli nelle due fotografie che accompagnano questo articolo).

 Disegno Fondo Cazzaniga 


Fu un modo, certo, per contribuire a sollevare il morale dei commilitoni, ma fu anche altro: l’occasione per individuare quelle fondamenta culturali invisibili ma indispensabili sulle quali poter rintracciare il carattere più autentico dell’uomo e per poi ricostruire il paese abbattuto da anni di guerra e di tirannia. Un segno tangibile di dignità e umanità testimoniato ancora da Guareschi nel suo Diario clandestino:

Non abbiamo vissuto come i bruti.
Non ci siamo rinchiusi nel nostro egoismo. La fame, la sporcizia, il freddo, le malattie, la disperata nostalgia delle nostre mamme e dei nostri figli, il cupo dolore per l’infelicità della nostra terra non ci hanno sconfitti.
Non abbiamo dimenticato mai di essere uomini civili, uomini con un passato e un avvenire. […]
Fummo peggio che abbandonati, ma questo non bastò a renderci dei bruti: con niente ricostruimmo la nostra civiltà.[4]

 

_________________

Note:

[1] A. Natta, L’altra Resistenza. I militari italiani internati in Germania, Torino, Einaudi, 1997, p. 64.

[2] G. Guareschi, Diario clandestino, Milano, Rizzoli, 2019. Cfr. anche l’articolo di O. Ascari, Quei giorni a Sandbostel con Guareschi, «Il Giornale», 30 luglio 2002, p. 27, parzialmente riprodotto sul web.

[3] Guareschi, Diario clandestino, cit., pp. 196-197.

[4] Ivi, pp. 20-21, 23

 
 
Seguici su: Facebook X Instagram Telegram