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Sull'Ucraina chi vi dice “ma è più complesso” è complice di Putin

Sull'Ucraina chi vi dice “ma è più complesso” è complice di Putin

Il deputato della Lega Vito Comencini, 35 anni, in questo momento è in Russia con la moglie e in un’intervista a Repubblica difende a spada tratta la scelta di Putin di invadere l’Ucraina. A questa domanda del giornalista - Pure lei sostiene che l’aggressione derivi dalla paura che l’Ucraina possa entrare nella Nato? - Comencini risponde così: «In Russia pensano che lo scontro sia tra Nato e Russia. L’Ucraina a quanto pare è al centro di un conflitto più complesso, che ha radici più profonde, legate al suo rapporto con gli Usa». 

Ecco, “più complesso” è il nuovo “e il Pd?, è il velo retorico dietro al qual sì si nascondono, più o meno inconsciamente, più o meno in malafede, i complici di Putin l’assassino. Perché è ovvio che la storia è sempre complessa. Sempre. Ma è anche ovvio che la complessità non può giustificare l’ingiustificabile. Lo spiega alla perfezione il filosofo Simone Regazzoni: «La complessità è alla base di ogni fenomeno storico. Il nazismo è un fenomeno talmente complesso che ancora oggi non ne siamo venuti a capo. Questo ci impedisce di prendere una chiara posizione etico-politica contro il nazismo?  No, per fortuna». E allora la complessità - sempre Regazzoni - diventa la notte in cui non si sa o non si vuole più distinguere la vittima dall'aggressore, i diritti degli oppressi dalla violenza sanguinaria del dittatore, la democrazia, con tutti i suoi limiti e i suoi errori, da ciò che la minaccia. In questa notte si stanno nascondendo diversi intellettuali italiani.

«Qualcuno lo dice con lo sguardo sofferto, qualcun altro con una smorfia saccente, ma alla fine tutti i fautori della Pax Putiniana, dal professor Orsini al cantante Povia, concordano nel farci sapere che “la situazione è più complessa”», così Massimo Gramellini inchioda alla loro ipocrisia i professionisti della complessità. Quei professionisti che di fronte all’evidenza di una guerra d’invasione, di città europee rase al suolo, di milioni di profughi che fuggono verso occidente (non verso oriente), di donne e bambini morti e sepolti, rispondono così: «Sì, forse, in parte, ma non proprio: la situazione, infatti, è più complessa. Se la Nato non lo avesse sfidato, lui mai e poi mai avrebbe bombardato. Non ci credete? Significa che rifuggite la complessità».

Gramellini porta il ragionamento all’estremo. Chi vuole troverà sempre un qualcosa che contribuisce a spiegare, a giustificare, la violenza: «Lo stupratore va condannato, ci mancherebbe, ma se la ragazza non avesse indossato la minigonna… Lo svaligiatore di case è colpevole, colpevolissimo, però si tratta di un disperato che non andava messo nelle condizioni di non avere più nulla da perdere…».

Insomma, per dirla sempre con Regazzoni, la parola feticcio "complessità" si usa per darsi un tono e un alibi intellettuale per evitare di prendere una posizione. Per evitare di stare dalla parte di donne e bambini sepolti vivi dalle bombe di Putin. Ecco, andate a dirlo a quelle donne, a quei bambini, che la questione è più complessa. Che la loro morte non è una cosa tragicamente semplice. E da condannare senza ma e senza però.

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