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Corriere della Sera

VERSO UNA RIDEFINIZIONE DEL RUOLO FEMMINILE

La forza delle donne in dieci punti Ora serve un nuovo femminismo

La questione dell' aborto, intorno alla quale ruota la recente polemica sull' approvazione della Ru486, è la tipica situazione in cui la società si trova a dover scegliere «il male minore», come direbbe Paul Ricoeur. Tutti siamo contrari all' idea dell' interruzione di gravidanza, perché è un atto contro natura (nel senso che va contro l' imperativo del Dna alla riproduzione) e che comporta conseguenze traumatiche dal punto di vista psicologico. Tuttavia condannare l' aborto legalmente non impedisce che gli aborti avvengano. Se una donna è talmente disperata da non volere un bambino, troverà comunque un modo per non averlo e se un medico e un ospedale non la accoglierà, finirà pericolosamente in mani incompetenti. L' aborto è un fatto serio, ma l' aborto clandestino è una vera tragedia e per questo la legalizzazione corrisponde alla scelta del «male minore». E la modalità della pillola RU486 rende questa scelta meno dolorosa per la donna. La finalità della legge 194 era quella di ridurre gli aborti clandestini e non di promuovere il principio che interrompere una gravidanza è giusto. Si trattava semplicemente di spostare l' obiettivo da una cultura punitiva a una cultura preventiva. I fatti ci hanno dato ragione: il numero di aborti è drasticamente diminuito e il «mercato nero», tradizionalmente legato alla criminalità, è scomparso. Si è confermato così il modello che si applica ad ogni forma di proibizionismo: il vietare non ha alcun valore educativo, non riduce il fenomeno che si proibisce e rafforza il potere criminale. È inoltre una posizione che offre il massimo di libertà: chi ha convinzioni religiose non farà una scelta che non ritiene accettabile solo per il fatto che è legale. Va detto che la 194 non è stata pienamente applicata: le azioni di informazione ed educazione andrebbero molto sviluppate nel rispetto della multiconfessionalità e multietnicità della nostra comunità. Certo, la sfida culturale che sottende tutto il ragionamento è la ridefinizione del ruolo della donna. Il principio dell' autodeterminazione, alla base delle scelte cruciali che aspettano le nostre donne, soprattutto le più giovani (come la gravidanza o la fecondazione assistita, se necessario) presuppone conoscenza e coscienza. Conoscenza del proprio corpo e della propria mente, e anche delle possibilità che la scienza offre per migliorarle. Coscienza dei valori che permettono ad ogni donna di applicare la conoscenza alle scelte, senza l' influenza di retaggi che derivano da secoli di predominanza maschile. Dobbiamo renderci conto dei molti punti di forza femminili nella società odierna. Il primo è la capacità di conciliare la necessità lavorativa e procreativa: l' unione del ruolo sociale e del ruolo materno, che ancora non ha trovato un punto di equilibrio, ma rimane una fra le più importanti conquiste femminili. Il secondo è la resistenza al dolore e alla fatica. Posso testimoniare in prima persona come le donne sappiano accettare ed affrontare meglio la malattia, e molte altre tragedie, che sanno a volte trasformare in occasione di «riordino» della propria vita o di rinascita personale. E quando lottano contro un destino avverso, sono tenaci e persistenti. Il terzo punto è la motivazione al lavoro e l' attaccamento all' istituzione che rappresentano. Se una donna si impegna per un ente (azienda o istituto pubblico) o tanto più per una causa, ne fa suoi i principi e le regole e vi aderisce con costanza e determinazione incrollabili. A questo è indirettamente collegato il quarto punto che è il senso della giustizia. Metà dei nostri magistrati sono donne, molte eccellono e sono alla ribalta delle cronache per la loro integrità e fermezza nel giudizio. Altro esempio: tutti sappiamo che le donne vigile sono inflessibili e difficilmente cedono alla trattativa su una multa. Il quinto punto è la tendenza all' armonia, che rende maggiore, rispetto agli uomini, il senso della disciplina e dell' organizzazione. Il sesto è la maggior sensibilità artistica e culturale. Basta guardarsi intorno al cinema, a teatro, ed ogni tipo di incontro culturale per rendersi conto che la maggioranza dei partecipanti è donna. Il settimo è la capacità intellettuale di ragionamento e concentrazione. Per secoli si è pensato che la donna non fosse adatta alle attività scientifiche e invece è dimostrato che è vero il contrario: più della metà dei miei ricercatori è donna e la loro produttività e il loro ingegno sono straordinari. L' ottavo punto è la loro maggiore forza decisionale, soprattutto nei momenti critici. Ad esempio quando un matrimonio fallisce è spesso la donna che fa il primo passo per chiedere il divorzio. Il nono è che la donna è naturalmente meno aggressiva dell' uomo e nella nostra società l' aggressività è innegabilmente un handicap. Valgono di più l' intuizione, l' attitudine e la velocità di comprensione, la tolleranza, la capacità di dialogo: tutte doti tipiche femminili. Il decimo, che nasce dagli altri messi insieme, è che la donna è portatrice di pace e l' assenza di conflitti è la condizione per lo sviluppo del progresso civile. Per questo ho scritto spesso che il futuro è donna e molti non si spiegano la mia convinzione: perché allora le donne non hanno il sopravvento, e spesso neppure la parità? Perché la donna deve ancora superare i suoi punti di debolezza. Innanzitutto l' equilibrio fra lavoro e figli di cui ho parlato, è un ostacolo (o, se vogliamo, una sfida) su cui ben riflettere. Poi c' è un innegabile pregiudizio psicologico che pesa sulle sue spalle per quanto riguarda la carriera lavorativa: quando si arriva ai vertici, per tradizione la responsabilità va all' uomo. Eppure cominciano ad essere numerose le donne che dimostrano di poter agevolmente svolgere ruoli dirigenziali sia in azienda che in politica; ma ancora rappresentano delle eccezioni alla regola. Infine va considerato il peso culturale delle religioni che mostrano tradizionalmente una vena maschilista (il sacerdozio ad esempio non è consentito alle donne). Il mio suggerimento quindi è la nascita di un nuovo movimento femminista «rivisto», che tenga conto dei nuovi punti di forza e di debolezza (quelli che ho individuato sono solo un esempio) che tracciano il quadro della figura della donna oggi. Credo che l' importante sia tenere vivo il dibattito sulla «questione femminile», e penso che la cultura del mondo dovrebbe occuparsene di più, per mantenere gli equilibri e per accelerare il processo di sviluppo e di benessere, a cui la mente femminile può contribuire in modo straordinario. Senatore del Pd RIPRODUZIONE RISERVATA

Veronesi Umberto

Pagina 10
(21 agosto 2009) - Corriere della Sera

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