ECCO COME SI FORMANO

Tempeste di sabbia stellari

Grazie alle osservazioni condotte con il Very Large Telescope dell'ESO un team di scienziati ha studiato le atmosfere di alcune stelle giganti rosse, ricavando informazioni preziose per comprendere i meccanismi che guidano i potenti venti di gas e polveri che vengono da prodotti da questi oggetti celesti.

     11/04/2012

Immagine ricostruita al calcolatore in cui sono visibili i gusci di polveri intorno alla stella gigante rossa W Hydrae osservati in due diverse polarizzazioni della luce, orizzontale e verticale. Crediti: Barnaby Norris

Se pensate che le più violente tempeste di polvere siano quelle che spazzano i deserti sulla Terra o le desolate lande Marziane, forse non conoscete i potentissimi venti che vengono emessi dalle stelle giganti rosse, astri simili al nostro sole che però si trovano alla fine del loro ciclo evolutivo. Questi fenomenali flussi di gas e grani di polveri sono ben 100 milioni di volte più intensi del vento solare e nell’arco di 10.000 anni sono in grado di strappare via dalla stella fino a metà della sua massa.

Anche se ormai conosciamo piuttosto bene le caratteristiche di questi super venti stellari, i processi che spingono queste enormi masse di materia lontano dalla stella sono stati oggetto di acceso dibattito tra gli astrofisici di tutto il mondo. Finora lo scenario più plausibile era quello in cui a sostenere i super venti stellari fossero i grani di polveri – principalmente silicati – formatisi nelle atmosfere delle stelle e accelerati dalla intensa radiazione luminosa emessa dalle stesse stelle.

Queste ipotesi, pur ragionevoli, sono state però messe seriamente in discussione dai modelli teorici elaborati al calcolatore. Le simulazioni dell’evoluzione delle stelle giganti rosse indicano infatti che le temperature raggiunte dalle particelle di polveri sono talmente alte da vaporizzarle ancor prima di essere spinte verso lo spazio.

Dunque il meccanismo di accelerazione dei venti stellari tramite particelle di polveri va definitivamente abbandonato? No, anzi può funzionare benissimo secondo Barnaby Norris, ricercatore dell’Università di Sydney in Australia. Norris, insieme a un gruppo di colleghi, ha infatti condotto uno studio sugli inviluppi esterni di alcune stelle giganti rosse sfruttando il Very Large Telescope dell’ESO. Grazie a misure di polarizzazione della luce gli scienziati sono riusciti a identificare i fotoni deviati dalle particelle di polveri attorno alle stelle e ricavarne le loro dimensioni, mentre con la tecnica interferometrica sono riusciti a ottenere immagini ad alta risoluzione che sono state in grado di mappare la distribuzione di questo materiale nelle vicinanze delle stelle.

Dallo studio, pubblicato nell’ultimo numero della rivista Nature, emerge che i grani di silicati presenti nell’inviluppo stellare sono molto più grandi di quanto si pensasse, arrivando a sfiorare il micrometro, ossia un millesimo di millimetro. All’apparenza può sembrare un’inezia – sono più o meno le stesse dimensioni delle particelle della polvere che si annida nelle nostre case – ma è invece un’enormità tra gli ‘ingredienti’ che compongono i venti stellari. E proprio nelle dimensioni maxi di questi grani si troverebbe soluzione all’enigma dei super venti stellari. Particelle di questa mole si comporterebbero infatti come specchi, riflettendo la radiazione luminosa della stella piuttosto che assorbirla. I grani così non si surriscaldano, non vengono distrutti e possono quindi essere accelerati dalla luce fino a velocità anche di 10 chilometri al secondo, ovvero 36.000 chilometri orari, la stessa andatura di un razzo spaziale.

“ Per la prima volta cominciamo a capire come funzionano i super venti stellari e come le stelle (compreso il Sole, seppure in un futuro assai remoto)  terminano il loro ciclo vitale” commenta Albert Zijlstra, del Jodrel Bank Observatory, che ha partecipato allo studio. “I grani di polvere e sabbia che compongono questi venti sopravvivono alla stella e vanno a formare quelle nubi di materia da cui si produrranno nuove stelle. Abbiamo fatto un grande passo avanti per comprendere questo ciclo di vita e morte”.