Mental coaching negli sport ad alta intensità

Birrer, D. and Morgan, G. (2010), Psychological skills training as a way to enhance an athlete’s performance in high-intensity sports. Scandinavian Journal of Medicine & Science in Sports, 20: 78-87.

Negli sport professionali e semi-professionali di oggi, la sottile linea che separa la vittoria dalla sconfitta si sta progressivamente assottigliando. Già ai Giochi Olimpici di Pechino del 2008, la differenza tra il primo e il quarto posto nelle gare di canottaggio maschile era in media dell’1,34%, mentre l’equivalente per le donne era solo dell’1,03%. Questa crescente densità di prestazioni crea una pressione enorme. Non sorprende quindi che negli ultimi anni sia stata riconosciuta l’importanza dell’allenamento psicologico delle competenze (PST) e che sia aumentato il numero di atleti che utilizzano strategie di allenamento psicologico.

Il presente lavoro si propone di analizzare l’effetto del PST sul progresso delle prestazioni di un atleta, con particolare attenzione a un gruppo di sport che comportano un carico ad alta intensità. Gli sport ad alta intensità (HIS) sono caratterizzati da una durata dell’impatto compresa tra 1 e 8 minuti, con un’intensità d’impatto molto elevata e un’erogazione di potenza continua per tutta la fase della prestazione. Esempi tipici di HIS sono il canottaggio, il nuoto, la corsa su pista di 800 e 1500 m, il ciclismo su pista e la canoa in acqua piatta.

Quello che sembra essere cruciale per fornire prestazioni al massimo livello è la presenza della paura del fallimento. L’impatto psicologico e fisico della paura sono numerosi. Influisce sullo stato affettivo degli atleti, può ridurne la motivazione ad allenarsi e competere, influire sulla fiducia in sé stessi degli atleti e sulle loro abilità volitive ed attentive, genera sentimenti di ansia e aumenta la tensione muscolare, che può portare a perdita di coordinazione.

Diverse strategie sono state proposte per modificare il loro stato di attivazione: tecniche psicologiche di stimolazione o di riduzione dell’attivazione, coinvolgendo auto-dialogo, immaginazione, attività fisica, rilassamento breve o guidato; routine pre-performance e performance; strategie di esercitazione mentale; gestione dello stress e strategie di potenziamento dell’umore.

La maggior parte delle ricerche mostra che queste strategie possono ridurre l’ansia o l’interpretazione dei sintomi dell’ansia da performance come debilitanti. Quasi tutti gli studi non sono riusciti a dimostrare un impatto chiaro sulla performance. Una ragione potrebbe essere che non è ancora chiaro se e quando l’ansia o la paura esercitano un effetto benefico, quale livello di attivazione facilita la performance e in quali condizioni lo stesso livello potrebbe essere debilitante.

È rilevante il riconoscimento precoce e il controllo dei sintomi d’ansia associati a prestazioni superiori negli atleti d’elite. Questa affermazione indica che due fattori sono importanti per gli atleti:

  1. Conoscere il loro stato individuale di attivazione facilitante la performance prima e durante la competizione.
  2. Essere consapevoli del loro attuale stato di attivazione e di come poterlo influenzare perchè diventi un fattore facilitante la performance.

Tuttavia, considerando la quantità di ricerche condotte in questo settore, c’è sorprendentemente poca conoscenza specifica dello sport riguardo al livello ottimale individuale di attivazione.

Gli atleti possono interpretare l’intensità dei sintomi legati all’ansia o all’attivazione come facilitanti (gli atleti vengono chiamati “facilitatori”) o debilitanti (gli atleti vengono chiamati “debilitatori”) rispetto alla performance e questa differenziazione potrebbe essere critica nel favorire l’efficacia della gestione pre-competizione. Facilitatori e debilitatori sperimentano più o meno gli stessi sentimenti nelle fasi precedenti a una competizione, ma l’intensità è inferiore nei facilitatori.

I facilitatori sembrano capaci di utilizzare un repertorio di abilità psicologiche, che permette loro di reinterpretare le sensazioni cognitive e somatiche negative come facilitanti per la performance. Al contrario, i debilitatori cercano di utilizzare le stesse abilità psicologiche ma non sono in grado di controllarle internamente, sperimentando una perdita di controllo (incapacità di raggiungere uno stato pre-performance positivo), una fiducia inferiore e una interpretazione debilitante continua dell’input sensoriale mostrano che potrebbe essere possibile ristrutturare l’interpretazione degli atleti di sintomi di ansia e fiducia con:

  • interventi multimodali (immaginazione, razionalizzazione, ristrutturazione cognitiva, definizione degli obiettivi e auto-dialogo),
  • effetti positivi sulla loro fiducia,
  • valutazione dell’ansia e delle loro performance.

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