Cervello ed esercizio fisico

I dati che emergono dalle ricerche delle scienze motorie o come preferisco dire della scienza del movimento dimostrano la reciproca influenza tra l’esercizio fisico e le strutture e le funzioni del cervello. Sono noti i legami tra sedentarietà e salute e l’influenza positiva tra movimento e benessere. A questo riguardo le ricerche dimostrano come l’esercizio fisico nelle sue varie declinazioni e in funzione della sua intensità, svolgimento nel tempo, durata delle singole sedute e loro frequenza influisce sul sistema nervoso centrale, su quello immunitario e cardiocircolatorio e sulle altre funzioni vitali. Di questi sistemi fanno parte anche i processi cognitivi (memoria, attenzione e percezione), quelli affettivi e più in generale quelli che permettono la pianificazione,  l’organizzazione e la valutazione delle nostre azioni quotidiane.

Appare evidente che parlare ancora di motorio e psicomotorio come di processi diversi non ha più senso mentre dobbiamo sapere che vi sono sistemi tra loro interagenti che partecipano a determinare quello che siamo e facciamo. Quindi ogni movimento e ogni nostra azione è espressione dell’interazione di questi temi che in modo meraviglioso ci forniscono la possibilità di soddisfare i nostri bisogni e obiettivi quotidiani.

Negli sport abbiamo sempre parlato di sport closed (chiusi) e di sport open (aperti) per distinguere fra discipline con movimenti ciclici e ripetitivi (ad esempio: corsa di breve durata: 100 e 200m, salti e lanci, ciclismo su pista) e discipline a prevalenza tattica o situazionali in cui le condizioni di gara sono in continuo cambiamento (ad esempio sport di squadra, tennis, ciclismo su strada). Detto in questo modo, sembrerebbe che vi siano sport in cui il pensiero sia più importante rispetto ad altri. La questione è però molto più complessa. Infatti, anche gli sport di squadra hanno aspetti ripetitivi – i fondamentali di questi sport, abilità chiuse come le punizioni e i rigori – così come le prestazioni negli sport closed sono influenzate ad esempio dall’atteggiamento pregare degli atleti e dalla loro capacità di gestire le aspettative e la pressione agonistica.

Le classificazioni sono utili per identificare le differenze più significative fra gli sport ma nel contempo non devono diventare delle scatole rigide, perchè questo approccio non permette di mantenere viva la complessità e il valore della prestazione umana.

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