04 settembre 2017

La proteina che media tra microbioma e grasso corporeo

Individuato in uno studio sui topi un meccanismo metabolico cruciale per l'accumulo di tessuto adiposo. E' legato a una proteina, chiamata NFIL3, che controlla il programma circadiano del metabolismo dei lipidi e la cui azione è influenzata dal microbioma, l'insieme dei microrganismi presenti nell'intestino(red)

In tutto il mondo si contano circa 2,1 miliardi di persone obese o sovrappeso, e ogni anno si verificano 3,4 milioni di decessi per malattie correlate all'obesità. Per affrontare questa emergenza globale, è necessario identificare i fattori individuali e ambientali che regolano il metabolismo umano e l'immagazzinamento delle riserve energetiche nell'organismo.

Uno studio pubblicato su “Science” da Yuhao Wang, dell'Università del Texas a Dallas e colleghi va in questa direzione. Gli autori hanno individuato un meccanismo metabolico cruciale per l'accumulo di tessuto adiposo che fa capo a una proteina, chiamata NFIL3.

La proteina che media tra microbioma e grasso corporeo
Credit: Age Fotostock / AGF
Negli ultimi anni, la ricerca biomedica ha dimostrato che tra i fattori ambientali collegati all'obesità c'è il microbioma intestinale, l’insieme dei microrganismi, per la maggior parte batteri e in misura inferiore lieviti, che danno un contributo fondamentale alla digestione degli alimenti e quindi influenzano la composizione dei tessuti nell’organismo.

Alcuni studi hanno già evidenziato per esempio che topi di laboratorio in cui il microbioma intestinale è stato eliminato artificialmente hanno meno grasso corporeo rispetto alla norma. Questo perché il microbioma intestinale determina sia un incremento dell’introito calorico sia l’immagazzinamento dell’energia nel tessuto adiposo.

Inoltre, come per molti altri cammini metabolici e processi cellulari, l'azione del microbioma sembra sincronizzata con i ritmi circadiani, cioè con l’alternanza delle ore di luce e di buio durante il giorno, anche se i dettagli di questa azione sono rimasti un mistero.

Wang e colleghi, grazie a uno studio sui topi, hanno scoperto che la proteina NFIL3 media questa sincronizzazione. Si tratta di un
fattore di trascrizione, cioè di una molecola che regola l’espressione di specifici geni. Nelle cellule epiteliali dell’intestino, che hanno la funzione di assorbire le sostanze nutritive assimilate con i processi digestivi, NFIL3 controlla il programma circadiano del metabolismo dei lipidi e il loro assorbimento. E sempre nelle cellule epiteliali intestinali, l’espressione del gene che codifica per NFIL3 è influenzato proprio dal microbioma intestinale.

Secondo gli autori, il risultato è di estrema importanza soprattutto perché contribuisce a spiegare il motivo per cui negli esseri umani l’alterazione dei ritmi circadiani, evidente per esempio in chi lavora su turni o cambia spesso fuso orario per viaggi frequenti, ha un maggior rischio d’insorgenza di malattie metaboliche, obesità, diabete e malattie cardiovascolari.