L’IPOTESI DI UN NUOVO STUDIO

Così cominciò la vita

In base a una ricerca appena pubblicata su Astrobiology, il metabolismo cellulare avrebbe avuto origine a partire da materiale inorganico, grazie a una reazione chimica simile a quella delle pile a combustibile. I primi risultati, ottenuti da una simulazione del processo, potrebbero aiutare nella ricerca di vita su altri pianeti

     13/03/2014
Crediti: NOAA

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“Prima della vita biologica, la Terra aveva una vita geologica. Potrebbe sembrare strano considerare vive le rocce inanimate e i minerali; ma che cos’è la vita?” Se lo chiede Terry Kee dell’Università di Leeds, co-autore di uno studio pubblicato sulla rivista Astrobiology. Che propone un approccio completamente nuovo per capire l’origine della vita sul nostro pianeta.

In passato, alcuni scienziati hanno sostenuto che gli organismi viventi fossero stati trasportati sulla Terra da meteoriti. Negli anni si è affermata però un’altra teoria, secondo cui la vita sarebbe nata direttamente sulla superficie terrestre, o meglio sul pavimento oceanico: la materia inanimata, raccolta in nicchie idrotermiche, avrebbe dato origine al primo materiale organico.

Ma i meccanismi responsabili di questa trasformazione non sono ancora chiari. Per questo un gruppo internazionale di ricercatori ha deciso di cambiare punto di vista, concentrandosi su quello che la vita fa: “Tutte le forme di vita utilizzano processi chimici uguali a quelli che avvengono in una cella a combustibile quando genera energia” spiega Kee.

Una cella a combustibile è un dispositivo elettrochimico in grado di convertire direttamente l’energia chimica in energia elettrica, senza che avvengano processi di combustione termica. Ad esempio, nelle automobili le pile a combustibile generano energia elettrica facendo reagire la benzina con gli ossidanti. Si tratta di un processo che in chimica viene chiamato redox, in cui una molecola perde elettroni (viene ossidata) mentre un’altra molecola ottiene elettroni (viene ridotta).

Allo stesso modo, nelle piante la fotosintesi genera proprio energia elettrica, e lo fa con la riduzione di diossido di carbonio in zuccheri e con l’ossidazione di acqua in ossigeno. Andando parecchio su nella scala evolutiva, le cellule del corpo umano “respirano” grazie all’ossidazione di zuccheri in diossido di carbonio e la riduzione di ossigeno in acqua. L’opposto di ciò che avviene nelle piante, ma anche qui il risultato è la produzione di energia elettrica.

E se la stessa cosa fosse avvenuta anche nelle rocce sul fondo degli oceani, milioni e milioni di anni fa? È l’ipotesi di partenza del gruppo di ricerca di cui fa parte Terry Kee, coordinato dal Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA. In base a questa idea, le nicchie idrotermiche dove ebbe origine la vita possono essere considerate “celle a combustione ambientali”, in grado di innescare i meccanismi responsabili del primo metabolismo cellulare.

“Alcuni minerali potrebbero aver generato reazioni redox geologiche, portando in seguito al metabolismo biologico” dice Laura Barge dell’Istituto di Astrobiologia del JPL. “Siamo particolarmente interessati a minerali in grado di condurre elettricità, contenenti elementi come ferro e nichel, che probabilmente erano comuni sulla Terra giovane”.

Per testare questa ipotesi, i ricercatori hanno costruito un modello simulativo per riprodurre virtualmente le reazioni chimiche alla base dell’origine della vita. “Questi esperimenti simulano l’energia elettrica prodotta nei sistemi geologici” spiega Barge. “E lo stesso modello può essere usato per esplorare l’ambiente di altri pianeti in cui è presente dell’acqua, come il satellite di Giove Europa”.

Ecco quindi quali sono i potenziali nascosti in questa nuova ricerca: non solo capire come è cominciata la vita sulla Terra, ma anche cercarla altrove.