RAPPORTO CAMBIOPULITO

Ogni anno tra 30 e 40mila tonnellate di pneumatici immesse illegalmente nel mercato italiano

I dati dell’Osservatorio sui flussi illegali di pneumatici e pneumatici fuori uso in Italia. Campania, Lombardia e Puglia prime regioni per numero di segnalazioni, ma a essere denunciati sono anche molti casi di commercio online senza pagamento di Iva e di contributo ambientale

di Andrea Carli

(Ansa)

4' di lettura

Tra 30 e 40mila tonnellate di pneumatici che ogni anno vengono immessi illegalmente nel mercato nazionale. Un fenomeno a cui è connesso un mancato versamento del contributo ambientale per la loro raccolta e riciclo pari a un totale di circa 12 milioni di euro, evasione dell’Iva stimabile in circa 80 milioni di euro e un’esposizione al rischio di abbandono nell’ambiente di pneumatici fuori uso derivanti da attività illegali, che non esistono e sono dunque fuori dalle regole del sistema nazionale di gestione dei Pfu (pneumatici fuori uso). È quanto emerge dal rapporto “I Flussi illegali di pneumatici e PFU in Italia”, presentato oggi, 21 gennaio a Roma presso la sede del ministero dell’Ambiente.

È stata anche l’occasione per presentare un documento che illustra l’attività svolta dall’Osservatorio e dalla piattaforma CambioPulito nel contrastare le pratiche illegali del settore degli pneumatici e Pfu. Il progetto è promosso da Legambiente insieme ai consorzi per la gestione degli Pneumatici fuori uso (PFU) Ecopneus, EcoTyre e Greentire – che gestiscono circa l’85% del totale nazionale – e le associazioni di categoria Confartigianato, Cna, Airp, Federpneus e Assogomma.

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I flussi illegali penalizzano l’attività degli operatori onesti
Nonostante dall’anno scorso il ministero dell’Ambiente abbia imposto ai consorzi che curano raccolta e recupero dei Pfu un innalzamento del target di gestione pari a un +5%, il report mette in evidenza che «i flussi illegali continuano a condizionare fortemente il funzionamento del sistema e a penalizzare l’attività degli operatori onesti. I Pfu generati illegalmente infatti, finiscono per confondersi nella massa complessiva di Pfu da raccogliere, facendo saltare gli obiettivi fissati ogni anno e causando due impatti negativi: l’accumulo di Pfu nei piazzali degli operatori e il rischio di abbandoni illegali nell’ambiente».

Gli illeciti intercettati dalla piattaforma di whistleblowing
Dal giugno 2017 al 15 dicembre 2019 l’Osservatorio, anche attraverso CambioPulito (www.cambiopulito.it) - la piattaforma di whistleblowing riservata agli operatori del settore e gestita da Legambiente - ha registrato 361 denunce di illeciti, che hanno riguardato 301 società. Le segnalazioni raccolte hanno determinato otto esposti inoltrati alle forze dell’ordine. In particolare ai Carabinieri per la tutela dell’ambiente sono state segnalate 136 aziende (126 italiane e 10 straniere), con il 35% degli operatori successivamente sottoposti a controllo che è stato oggetto di sanzioni. All’Autorità garante del mercato e della concorrenza sono stati segnatai 14 siti (5 italiani, 9 esteri); al Reparto operativo aeronavale della Guardia di Finanza di Napoli sono stati segnalati 24 casi nella sola Campania. Circa l’80% delle segnalazioni ha riguardato presunte violazioni delle regole di commercio, della libera concorrenza e del mercato del lavoro e grazie ad esse è stato possibile mettere a fuoco anche la dinamica della recrudescenza di furti di pneumatici nuovi per l’immissione di pneumatici nel mercato nero (soprattutto online).

CAMPANIA AL PRIMO POSTO DELLE PRATICHE ILLEGALI

La classifica regionale delle segnalazioni anno 2017-2019 per un totale di 361. Fonte: Legambiente su dati Cambio Pulito

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Campania, Lombardia e Puglia le regioni con più violazioni
La parte di filiera che gestisce i Pfu, pneumatici a fine vita, registra casi di pneumatici fuori uso spacciati per gomme usate, furti di Pfu per attività di riciclo illegale, truffa sui sistemi di pesatura dei pneumatici fuori uso. Tra le regioni più interessate dalle segnalazioni la Campania, che ha raccolto in assoluto il maggior numero di segnalazioni (77), seguita da Lombardia (51), Puglia (25), Abruzzo (22), Emilia Romagna (21), Sicilia (18), Calabria (17), Liguria (15) e Lazio (14).

L’intreccio tra vendite online e mercato nero
Se nel primo anno di vita della piattaforma (giugno 2017-maggio 2018) prevalevano le vendite online irregolari (cioè di gomme provenienti dall'estero senza pagamento di Iva e contributo ambientale), opera di pochi ma grandi operatori, dall'estate del 2018 si è assistito progressivamente a una recrudescenza di segnalazioni e interventi di polizia giudiziaria riguardanti operatori, soprattutto di piccole dimensioni, che agiscono totalmente o parzialmente in sfregio delle regole previste per l'esercizio dell'attività di autoriparazione (legge 122/92 e successive modifiche). La messe di pratiche illeciti, continua l'indagine, si muove in prevalenza nell'ambito dell'evasione di Iva e del contributo ambientale, con operazioni completamente o parzialmente in nero. I due fenomeni appaiono collegati: se le vendite online e in genere l'ingresso in Italia di gomme in evasione di Iva e contributo ambientale fornisce la materia prima per le truffe, il mercato nero, soprattutto di tipo B2C, fa il resto.

Le società cartiere e le frodi carosello
Nel caso del commercio tramite evasione dell’Iva – hanno fatto notare alcuni investigatori della Guardia di Finanza sentiti per l’elaborazione del Rapporto – molti operatori, solitamente broker, costituiscono apposite società definite “cartiere”, con sedi in luoghi diversi rispetto a quelli di destinazioni degli pneumatici. Lo scopo è attuare delle vere e proprie frodi carosello. In particolare questi operatori, privi di una struttura imprenditoriale effettiva, acquistano ingenti quantità di pneumatici direttamente dai fornitori comunitari (francesi, svizzeri, tedeschi, olandesi e così via). Nella realtà, tuttavia, la merce non viene consegnata alle ditte che hanno effettuato l’ordine, ma direttamente agli effettivi destinatari, i veri beneficiari della frode. Le cartiere quindi, vengono interposte, facendo da filtro, nelle transazioni commerciali tra i fornitori europei e le società operative - che spesso sono campane ma anche lombarde o venete - effettuando gli acquisti comunitari di beni, che poi rivendono sul territorio nazionale solo formalmente, visto che la merce è già stata recapitata ai destinatari, accollandosi, conseguentemente un debito Iva, che poi non versavano all’Erario. Il risultato di tutto questo meccanismo la truffa alle casse dello Stato. Queste società cartiere vengono usate, come “bare”, dove cioè accumulare debiti e cartelle esattoriali fino all’inevitabile fallimento, spostando i profitti verso altre società, magari con sedi legali in paese off shore, così la truffa è ancora più profittevole. Più sono i paesi di mezzo, maggiori ostacoli per gli inquirenti, che devono attrezzarsi con rogatorie e incessanti viaggi per incrociare dati, numeri e facce.

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