CRONACA

Il figlio di don Vito a pubblici ministeri: "Pronto a darvi
il 'papello' di Riina". Ovvero le richieste dei boss alle istituzioni

Ciancimino jr, l'ultimo segreto
"Patto mafia-Stato, ecco la prova"

di ATTILIO BOLZONI e FRANCESCO VIVIANO


Ciancimino jr, l'ultimo segreto "Patto mafia-Stato, ecco la prova"

La strage di via D'Amelio

PALERMO - Lo cercano da quando venne ucciso Paolo Borsellino, diciassette anni fa. Un foglio di carta, uno solo. Con la scrittura incerta di Tot� Riina e, in fondo, la sua firma. � il famoso "papello", le richieste dei Corleonesi allo Stato per fermare le stragi in Sicilia e in Italia. "Ve lo consegno io nelle prossime ore", ha giurato qualche giorno fa Massimo Ciancimino, testimone eccellente ormai sotto scorta come un pentito.

� forse l'epilogo della pi� intricata vicenda siciliana di questi ultimi anni: la trattativa fra Stato e Mafia. Se il pi� piccolo dei cinque figli di quello che fu il sindaco mafioso di Palermo manterr� la sua promessa, fra qualche giorno - proprio alla vigilia dell'anniversario della morte di Borsellino, il 19 luglio - il famigerato documento del patto fra boss e misteriosi apparati di sicurezza finir� nelle mani dei magistrati di Palermo e poi quelli di Caltanissetta e Firenze, tutte le procure che indagano direttamente o indirettamente sugli attentati mafiosi fra il 1992 e il 1993. "Questa volta ve lo porter� davvero, questa volta non faccio bluff", ha assicurato Ciancimino junior nel suo ultimo interrogatorio dopo un tira e molla durato un anno.

La sua "collaborazione" � cominciata nel giugno del 2008. In decine di verbali ha raccontato la sua verit� su incontri fra mafiosi e uomini dei servizi segreti, ha parlato dei fatti accaduti fra la strage di Capaci e le bombe dei Georgofili, ha ricordato i faccia a faccia fra suo padre e l'allora vicecomandante dei Ros Mario Mori, ha svelato alcuni segreti che don Vito si era portato nella tomba. Come certi appuntamenti che l'ex sindaco agli arresti domiciliari aveva - sia a Palermo che a Roma - con "l'ingegnere Lo Verde", cio� Bernardo Provenzano.

Ma fino ad ora "Massimuccio" non aveva mai voluto dire nulla sul "papello". Alle insistenze dei procuratori, la sua risposta � sempre stata una sola: "Mi avvalgo della facolt� di non rispondere". All'improvviso, la settimana scorsa e dopo un ultimatum della procura di Palermo, Massimo Ciancimino per� ha ceduto: "Garantito: adesso il papello ve lo do".
Nessuno sa dove sia stato custodito in tutti questi anni, molti pensavano e ancora pensano in una cassetta di sicurezza di una banca da qualche parte in Europa. Un sospetto, un mese fa, aveva portato gli investigatori in Francia. Una mossa di Massimo Ciancimino e una contromossa degli inquirenti. Ma non quelli di Palermo, gli altri di Caltanissetta. Tutti erano e sono ancora a caccia del "papello".

Massimo Ciancimino, a giugno - appena gli hanno revocato il divieto di espatrio - ha lasciato Bologna dove vive da qualche mese e con la sua auto ha raggiunto Parigi insieme alla moglie Carlotta. � stato pedinato. Al ritorno da Parigi, fermato al posto di frontiera e invitato a entrare in un ufficio di polizia, ha trovato un paio di magistrati della procura della repubblica di Caltanissetta e alcuni ufficiali di polizia giudiziaria. Erano sicuri di trovarlo con il "papello" addosso. Perquisito lui e perquisita anche la moglie, ma il "papello" non l'hanno trovato. Interrogato al posto di frontiera, Ciancimino junior ha spiegato: "Mi ero accorto che mi seguivate, voi non vi fidate di me e io non mi fido di voi e non ho portato con me quel documento che non � a Parigi...".

Messo alle strette dai procuratori di Palermo subito dopo ha promesso di far avere quel foglio di carta, quell'atto con il quale Tot� Riina e i suoi Corleonesi chiedevano ad alcuni emissari dei servizi segreti di "trattare" con loro. Fine della violenza e delle stragi in cambio dell'abolizione del carcere duro, basta bombe in cambio di una sorta di salvezza per i familiari dei boss, armistizio con lo Stato in cambio di un colpo di spugna della legge sui pentiti e sui patrimoni aggrediti dalla legge Rognoni la Torre.

Ma quanto � attendibile nei suoi racconti il rampollo di don Vito? Quanto i magistrati possono credere alle sue parole? "Come qualsiasi imputato di reato connesso, le sue dichiarazioni possono essere attendibili solo se supportate da riscontri obbiettivi ed esterni", risponde il procuratore aggiunto Antonio Ingroia, che con il sostituto Nino Di Matteo indaga sui misteri palermitani dei Ciancimino. Aggiunge Ingroia: "Alcuni elementi di riscontro alle sue dichiarazioni li abbiamo gi� avuti, per� abbiamo bisogno ancora di qualcosa per avere un quadro completo".

Sar� il "papello" a certificare una volta per tutte l'attendibilit� del figlio di don Vito. Tutto un impasto, fra i pi� pericolosi mafiosi latitanti e alti funzionari degli apparati. Tutto un impasto che ora fa molta paura al giovane figlio di don Vito, condannato in primo grado a 5 anni e 8 mesi per avere riciclato il "tesoro" di suo padre. Dal novembre scorso � stato costretto a lasciare la sua casa di Palermo e vivere 24 ore su 24 con auto blindata e "tutela". Dopo un paio di episodi inquietanti accaduti in Sicilia, Massimo Ciancimino � stato contattato da falsi carabinieri e poi ha ricevuto una lettera di minacce. Dentro la busta tre proiettili. Uno era destinato a lui, il secondo al procuratore Ingroia, il terzo al sostituto Di Matteo.
Tutti i verbali di Ciancimino junior sono finiti alla procura di Caltanissetta che � titolare delle indagini sulla strage di via Mariano D'Amelio. Gli stessi procuratori di Caltanissetta l'hanno interrogato pi� volte. C'� un'ipotesi investigativa: il procuratore Paolo Borsellino, subito dopo la morte del suo amico Giovanni Falcone, avrebbe scoperto la vicenda del "papello" e quella trattativa fra Stato e Mafia. L'avrebbero ucciso perch� qualcuno lo considerava un ostacolo al patto con la mafia.

(14 luglio 2009) Tutti gli articoli di cronaca