domenica 12 settembre 2010

Abbiamo traslocato.



Dal 6 settembre ci potete trovare su Wordpress.com alla url

http://nuovamobilita.wordpress.com


Vi aspettiamo.

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mercoledì 4 agosto 2010

Nuova Mobilità a Taiwan

Questo post per mettere al corrente i nostri lettori (che non sono pochissimi neanche in questo periodo di calma estiva) della conferenza sulla condivisione nei trasporti che si terrà a Kaohsiung (Taiwan) dal 16 al 19 settembre 2010, organizzata dalle autorità locali in collaborazione con la New Mobility Partnership. Potete trovare una dettagliata presentazione della conferenza sulla nuova URL di Nuova Mobilità. La nuova veste grafica è ancora incompleta e approssimativa, ma intanto potete dare un'occhiata e magari darci dei suggerimenti.

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lunedì 28 giugno 2010

Chiuso per ferie.

Dopo 10 mesi di soddisfazioni (quanto meno in termini di visite) Nuova Mobilità si prende un'estate di meritato riposo. Tornerà on line il 6 settembre. Con una nuova veste grafica. Restate sintonizzati sui nostri programmi.

Buone ferie.

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venerdì 25 giugno 2010

Chi va piano va sano. E non arriva neanche tardi.

Uno dei pilastri alla base dell'approccio alla Nuova Mobilità urbana è il rallentamento del traffico. Funziona come un catalizzatore ambientale. Quando si comincia ad andare più piano e si inizia ad organizzare la propria vita intorno a questo principio si finisce necessariamente per andare meno lontano. La qual cosa a sua volta determina un cambiamento nell'utilizzo del territorio urbano. L'esatto opposto delle forze che spingono alla continua espansione degli agglomerati urbani nelle campagne con tutto quello che ne consegue.

Se c'è un primo passo da compiere, questo dovrebbe essere il rallenamento del traffico. E questa impostazione sta guadagnando forza in Gran Bretagna. Portsmouth ha già introdotto il limite di 20 mph su tutte le sue strade urbane. E' di questi giorni l'appello di Living Street Scotland ai futuri parlamentari scozzesi per ampliare quelle che qui in Italia indichiamo con il nome di "Zone 30".

Living Streets Scotland ha lanciato un appello ai futuri parlamentari scozzesi affinchè utilizzino i loro nuovi poteri sui limiti di velocità per portarli a 20 mph (30 km/h) sulle strade urbane.

Il Parlamento Scozzese sta per acquisire delle nuove competenze in materia di guida in stato di ebbrezza e di limiti di velocità. Keith Irving di Living Streets Scotland dice che si tratta di una "occasione da non perdere" per salvare la vita a 40 persone ogni anno e ridurre le conseguenze degli incidenti per più di 2500 persone, in particolare quasi 800 bambini, riducendo la velocità massima a 20 miglia orarie in città:

"quasi 200 bambini, sufficienti per riempire dieci aule scolastiche, vengono gravemente feriti o uccisi ogni anno mentre camminano per strada. Oggi abbiamo un'occasione da non perdere per ridurre questo drammatico pedaggio imposto all'infanzia e alle famiglie".

L'allargamento delle "zone 30" è una delle questioni chiave poste dal manifesto di Living Street Scotland per le elezioni parlamentari scozzesi del 2011. Tra le altre cose si chiede anche di ridurre il tasso alcolemico consentito alla guida da 80 a 50 mg/100 ml, portandolo ai livelli degli altri paesi europei, e la rimozione di tutti i parcheggi dai cortili delle scuole.

La Scozia è il paese europeo con la più corta aspettativa di vita. Living Street Scotland sostiene l'introduzione di queste modifiche delle strade urbane anche per combattere lo stile di vita molto sedentario degli scozzesi.

Post originale: http://www.livingstreets.org.uk/news/uk/press-release/-/calling-for-20mph-in-scotland

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Nel 2007 sulle strade urbane d'Italia secondo l'Automobile Club Italia si sono verificati 176.897 incidenti (76,6% del totale) che hanno causato 238.712 feriti (pari al 73,3% sul totale) e 2.269 morti (pari al 44,2%). Cifre molto diverse, anche in termini percentuali rispetto alla popolazione, da quelle scozzesi...

Quante tragedie avremmo risparmiato portando il limite di velocità da 50 a 30 km/h? A 50 km/h lo spazio necessario a fermarsi è di circa 35 mt (20.8 mt per reagire e 13.8 mt per frenare). A 30 km/h è di circa 17 mt (12.5 mt + 4.3 mt).



Il tempo che si "perde" negli spostamenti in auto abbassando la velocità massima da 50 a 30 km/h è quantificabile in una percentuale pari al 3% (rilevamenti effettuati in Germania dove le zone 30 sono estese al punto che il 70% dei tedeschi si trova ad abitarci). Quanto tempo si "guadagnerebbe" in mancati ricoveri ospedalieri?

I veicoli che si spostano più lentamente hanno bisogno di meno spazio. Quanto spazio riusciremmo a restituire ad un uso più urbano delle nostre vie?

Studio sui benefici dell'abbassamento dei limiti di velocità: http://associazioni.monet.modena.it/amstrada/zone30.pdf

Post sulla prima città inglese (forse mondiale) totalmente a 30 km/h: http://nuovamobilita.blogspot.com/2009/10/chi-va-piano-va-sano-e-cambia-abitudini.htm

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giovedì 24 giugno 2010

A che servono i parcheggi se abitate vicino al tram?

Cincinnati, dove è prevista la costruzione di un nuova linea tranviaria, vuole utilizzare il nuovo servizio di trasporto come chiave per la realizzazione di una città più vivibile. Una delle prime misure che verranno adottate sarà l'abbassamento degli standard di posti auto richiesti alle nuove costruzioni nei pressi della linea.

La città di Cincinnati sta pensando a come rendere il suo progetto di tranvia un elemento vitale per la crescita del suo centro, non semplicemente un trofeo da mostrare in giro a dimostrazione dei suoi progressi. La commissione incaricata della progettazione ha deciso di compiere un grande passo in questa direzione dando il suo parere favorevole alla riduzione degli standard di posti auto richiesti alle abitazioni collocate nel raggio di due isolati dalle fermate del tram. Il consiglio comunale dovrà approvare questa decisione modificando il regolamento edilizio.

Se questo cambiamento verrrà approvato, Cincinnati diventerà un esempio da seguire per altre città che vogliono promuovere un diverso dipo di vita urbana attraverso la costruzione di linee tramviarie urbane.

Con 86.5 milioni di dollari già stanziati per il progetto e la probabile assegnazione di altri 25 milioni da parte delgoverno federale prevista per la fine del mese, questa città dell'Ohio si sta assicurando la possibilità di avere un servizio di trasporto tranviario funzionante entro i prossimi tre anni. La speranza è che il tram stimoli una rinascita urbana lungo la linea che passa accanto al fiume, nel centro cittadino e nello storico quartiere di Overe the Rhine, tre aree che da questo punto di vista hanno enormi potenzialità grazie alla coesistenza di isolati molto belli intervallati da aree inutilizzate.

Ma la tranvia da sola non dà nessuna garanzia che questi quartieri possano rinascere. Il trasporto pubblico può incoraggiare qualcuno a costruire nuove abitazioni ed esercizi commerciali, ma di sicuro non obbliga nessuno. Ulteriore problema: anche se si assisterà a una ripresa delle attività edilizie, non c'è nessuna certezza che i futuri residenti ed impiegati utilizzeranno effettivamente il tram per spostarsi; il nuovo sistema di trasporto potrebbe venire sottoutilizzato se non se ne curano i dettagli.

Per questo la decisione della città di ridurre gli standard minimi di parcheggio sarebbe un segnale sull'importanza della necessità di progettari quartieri che incoraggino l'utilizzo del trasporto pubblico. Oggi il regolamento edilizio prevede uno o due posti auto per abitazione, anche per edifici costruiti in centro. Il nuovo regolamento, che verrà approvato probabilmente entro la fine dell'anno, dimezzerà questi standard in tutte le nuove costruzioni situate a meno di seicento piedi (circa duecento metri) dalle fermate, arrivando ad azzerarli per edifici con meno di sei unità abitative.

Questo cambiamento avrebbe il positivo effetto di ridurre il costo delle nuove costruzioni, permettendo agli impresari di non dover costruire garage sotterranei o di non dover acquistare terreni adiacenti agli edifici per garantire un adeguato numero di posti auto di superficie. Questo ridurrà l'investimento iniziale necessario alla costruzione, e i costi di acquisto o di affitto degli appartamenti, facilitando la nascita di un mercato per le nuove abitazioni nell'area.

Inoltre riducendo il numero di posti auto per unità abitativa le persone residenti nei quartieri centrali verranno incoraggiate a usare il trasporto pubblico per spostarsi - e avranno a disposizione un servizio di qualità, per cui non dovrebbero esserci grossi problemi. Anche se alcuni critici fanno notare che Cincinnati avrebbe potuto avere più coraggio eliminando ogni standard minimo di parcheggio nelle aree prossime alla linea, la linea inizialmente prevista presenta un estensione piuttosto ridotta; se e quando il sistema si espanderà il consiglio comunale potrà prendere in considerazione un'ipotesi del genere.

Quello che pare probabile è che rendendo più difficile il parcheggio delle automobili le persone che vivono lungo la linea tranviaria saranno portate ad utilizzare il tram, gli esercizi commerciali locali e a condurre una vita più pedonale. Queste comunità saranno probabilmente più autosufficienti nel lungo periodo grazie al sostegno che daranno a negozi e risotranti locali e contribuiranno all'interesse di Cincinnati a sviluppare un'immagine più urbana di sè. Questo è un ritorno positivo per un posto che sta investendo grandi somme di denaro in questo progetto.

Altre città che stanno progettando la costruzione di moderne linee tranviarie dovrebbero valutare bene i cambiamenti in atto a Cincinnati allo scopo di introdurre riforme simili nei loro standard di parcheggio e di stimolare la crescita di quartieri nei quali l'uso dell'auto è secondario rispetto agli spostamenti a piedi o con mezzi alternativi di trasporto.

Articolo orginiale: Readying Streetcar Plans, Cincinnati Considers Reducing Parking Requirements

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mercoledì 23 giugno 2010

Non schiacciate quel tubetto.

La motorizzazione privata di massa ha rimodellato le nostre città in un modo che, diciamocelo chiaro, ci piace poco o per niente. E' il risultato di decenni di "non politiche" dei trasporti che hanno creato una situazione non facile da correggere, un po' come rimettere il dentifricio nel tubetto che abbiamo inavvertitamente schiacciato. A Singapore hanno invece avuto la lungimiranza di prevenire gli sviluppi indesiderati della crescita del benessere economico.


Densità senza ingorghi: i segreti della mobilità a Singapore
di Christopher Tan


Più veicoli, più spostamenti, più gente -- ma l'ingorgo rimane una rarità. Perchè?

Singapore è una città in continuo movimento. Letteralmente. Furiosamente. In auto. Sugli autobus. Sui treni. A un tasso di espansione che farebbe impallidire moltissimi esperti dei trasporti.

Si è appena celebrata l'apertura finale del tunnel della Singapore's Circle Line, una linea metropolitana anulare il cui completamento è previsto per il 2011.

Sempre più gente si sposta - a ogni ora del giorno. Trent'anni fa a Singapore si effettuavano 2.7 milioni di spostamenti al giorno. Oggi sono più di 11 milioni - in auto, bus o treno. Eppure Singapore non ha i livelli di congestione che paralizzano tantissime metropoli in tutto il mondo.

Qual è il segreto? E' semplice. Pianificazione precoce. Attuazione tempestiva dei progetti. Massicci investimenti distribuiti tra le diverse modalità di trasporto.

Densità senza congestione.

Non che la situazione di Singapore sia semplice. Questo stato sovrano è grande poco più di New York, circa 710 km quadrati. I suoi abitanti, 5 milioni, sono più che raddoppiati in 30 anni. Oggi quasi un milione di veicoli (dei quali 40mila provenienti da oltre il confine con la Malesia) si muovono lungo una rete di strade ben asfaltate che si estende per 3.400 chilometri.

E al contrario di molte delle cità vicine come Jakarta, Bangkok e Kuala Lumpur - e anche di esempi molto più lontani come Londra, Parigi e Los Angeles - la congestione a Singapore è un evento raro.

Questo nonostante la crescita del tasso di motorizzazione privata. Nel 1981 qui c'erano solo 163.355 automobili private. Oggi ce ne sono 570mila. Eppure la velocità media delle automobile durante le ore di punta sulle arterie principali è di 27 km/h, contro i 16 di Londra, gli 11 di Tokyo e i 5 di Jakarta.

Indizi

Come è riuscita questa città a gestire questa vicenda da manuale dei trasporti urbani?

Lew Yii Der, responsabile delle politiche di progettazione della Land Transport Authority (LTA), dice che la ricetta "si riduce a due importanti ingredienti: una rete di trasporto pubblico conveniente e molto integrata, e un efficiente serie di misure di gestione della domanda volta a regolare i flussi di traffico e tenere sotto controllo i fenomeni di congestione."

Trattandosi di una nazione relativamente giovane (l'indipendenza è stata raggiunta nel 1965), il ceto di esperti e tecnocrati della burocrazia di Singapore ha avuto il vantaggio di poter imparare da città più antiche e di più consolidate tradizioni. La pianificazione urbana divenne presto il punto forte di ogni governo e le infrastrutture per i trasporti la pietra miliare dello sviluppo.

Espandendosi su quello che era un abbozzo di rete stradale lasciato dei colonizzatori britannici, i politici avviarano la costruzione di moltissime nuove arterie. A cominciare dai primi anni settanta Singapore ha aperto nove grandi arterie che attraversano tutta l'isola, tra le quali una tangenziale sotterranea di 12 km inaugurata 2 anni fa e un collegamento sotterraneo e sottomarino che verrà inaugurato nel 2013.

Ma come tutte le altre città moderne, le strade difficilmente bastano a spostare grandi masse di persone. Singapore ha aperto la sua prima linea ferroviaria - 6 chilometri e 5 stazioni - nel 1987. Oggi la rete su ferro si estende per 150 chilometri con 106 stazioni collegate con quattro linee di trasporto pubblico su gomma e tre linee tranviarie.

Ulteriori ingenti finanziamenti (circa 28 miliardi di dollari) andranno ad espandere ancora il servizio ferroviario portando la rete a 280 chilometri entro il 2020.

Con questi ambiziosi progetti di espansione, l'attuale equilibrio nella distribuzione modale degli spostamenti (circa 6 milioni con auto private, 3 milioni in autobus e 2 milioni in treno) verrà probabilmente spostato in maniera consistente verso il trasporto pubblico.

Chua Chong Kheng, direttore del settore ferroviario di LTA ricorda: "Fin dai primi passi intrapresi nell'ottobre del 1983 il governo ha fatto pesanti investimenti per assicurarsi che la rete ferroviaria formasse l'ossatura di un sistema di trasporto pubblico efficiente."

Ingrediente chiave: congestion pricing

I politici si accorsero molto presto che un paese piccolo e densamente popolato come Singapore non poteve affidarsi solo all'espansione della rete stradale. La domanda di spazio stradale doveva essere tenuta sotto controllo. Il modo migliore per farlo, scoprirono, era quello di adottare una sistema di pedaggi.

Qualche decennio prima delle città europee, Singapore istituì nel 1975 un sistema di permessi che applicava tariffe molto esigenti a tutte le auto che entravano in centro durante le giornate lavorative. Questo sistema di congestion pricing nel 1998 inaugurò l'adozione di nuove tecnologie con l'obbligo per ogni auto che entrava a Singapore di equipaggiarsi con un sistema che ne permetteva l'identificazione al passaggio in uno dei 69 checkpoints che consentono l'accesso alla città. Questo sistema permette l'addebito in automatico di una tariffa variabile in base all'orario della giornata, che durante le ore di punta può arrivare anche a 10 dollari.

Seguendo l'esempio di Singapore, altre città soffocate dal traffico hanno adottato misure di congestion pricing: Londra, Oslo, Stoccolma, Milano. Il sindaco di New York Bloomberg ha proposto delle misure di congestion pricing anche per la sua città, ma non ha potuto adottarle a causa della legislazione dello Stato di New York.

Ulteriore elemento: pagare per ottenere il diritto di possesso di un automobile

Nel 1990 Singapore ha inaugurato un altro metodo per tenere sotto controllo l'utilizzo dell'automobile. Chiunque voglia comperare un auto deve prima comperare un "Certificato di legittimazione", valido per 10 anni. Questi certificati vengono messi all'asta due volte al mese.

Oggi si può ottenere uno di questi certificati per circa 14mila dollari USA, ma sono arrivati a superare i 70mila. Oltre a questo il costo di un litro di benzina viene caricato di 31 centesimi di tasse.

La chiave del successo

Ma come è riuscita Singapore ad applicare misure così controverse come il congestion pricing e i carissimi certificati quando sistemi simili proposti in parecchie altre città non sono riusciti a vedere la luce?

Un forte governo locale con una leadeship altrettanto forte è stato sicuramente un fattore importante per il successo dell'applicazione di queste misure.

Ma sono state messe in atto anche politiche più morbide. LTA, per esempio, ha smussato le proteste per l'introduzione dei certificati abbassando le tasse di registrazione dell'auto che arrivavano al 20 per cento del prezzo del veicolo. E treni e autobus hanno ridotto l'incidentalità - "un sistema di trasporto efficiente che rappresenta una valida alternativa all'auto", parole di Chin Kian Keong direttore della Sezione Strade di LTA (uno degli ideatori del sistema di congestion pricing).

Gli osservatori concordano sull'efficienza del trasporto pubblico nel suo complesso. Ma sottolineano che le lamentele dei pendolari sui treni troppo affollati e sulle lunghe attese per un autobus sono cresciute negli ultimi anni, soprattutto a causa della crescita della popolazione.

Inoltre il traffico è cresciuto notevolmente negli ultimi cinque anni

La città ha avviato un nuovo giro di iniziative, tra le quali aumenti delle tariffe per gli automobilisti, corse ferroviarie più frequenti, aumento delle corsie preferenziali per gli autobus - in aggiunta ai già previsti finanziamenti per l'ampiamento della rete ferroviaria.

Il Ministro dei Trasporti Raymond Lim ha un obiettivo ambizioso: aumentare la percentuale di spostamenti effettuati con il trasporto pubblico durante le ore di punta del mattino dal 59 per cento del 2008 al 70 per cento nei prossimi dieci anni. Per farlo si impegna a rendere il trasporto pubblico comodo e veloce quasi quanto l'auto.

Gli osservatori apprezzano gli sforzi ma alcuni sostengono che nell'immediato bisogna fare qualche cosa di più. Lee Der Horng, ricercatore associato alla National University of Singapore, dice: "Sono preoccupato dalla capacità del sistema di trasporto pubblico durante le ore di punta e dai crescenti livelli di congestione sulle nostre strade."

Lim Wee Kiak, presidente di una commissione parlamentare sui trasporti crede che Singapore possa trovarsi di fronte a una seria impasse del suo sistema di mobilità se non si fa qualcosa di più prima del 2020. "Abbiamo un problema che si sta acutizzando e che ha bisogno di soluzioni veloci nel breve e medio termine", osserva.

Nonostante le critiche un sondaggio mondiale di Gallup effettuato in venti città nel 2008 rileva che gli abitanti di Singapore sono i più soddisfatti del loro sistema di trasporto pubblico. Resta da vedere se lo saranno ancora nei prossimi anni.

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L'autore

Christopher Tan è corrispondente per The Straits Times di Singapore. Questo articolo è stato scritto per CitiStates.

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martedì 22 giugno 2010

L'Unione Europea per la bicicletta.

La ciclabilità, in ogni sua forma, rappresenta uno dei cardini sui quali deve basarsi un nuovo sistema di mobilità urbana. L'Unione Europea sta finanziando parecchi progetti volti a favorirla e a promuoverla. Quello che segue è una carrellata delle iniziative europee alle quali partecipano anche alcune Amministrazioni locali italiana (Ferrara, Bologna, Parma, Venezia, Ravenna).
Progetto Carma

Il progetto denominato Carma (acronimo di Cycling Awareness Raising and Marketing) è stato presentato da un consorzio di 6 città (Parma, Goteborg, Londra, Eindhoven, Riga e Budapest ) all’interno del programma europeo Intelligent Energy – Europe (IEE). L’Agenzia esecutiva per la competitività e l'innovazione (EACI), preposta alla valutazione delle proposte, ha selezionato il progetto presentato con un budget previsto di EUR 1.762.800,00 €. L’obiettivo principale delle azioni è sviluppare nuovi metodi di marketing sulla bicicletta portando la comunicazione ad un livello superiore, ovvero passando dalla comunicazione di massa ad una comunicazione maggiormente orientata verso gruppi definiti.

Parma, che si propone di incrementare la mobilità ciclabile del 58% entro il 2012 passando dall’attuale 19% al 30%, ha scelto come “target group” i dipendenti delle aziende pubbliche e private situate all’interno del cosiddetto ”anello zero” (all’interno dei viali di circonvallazione). Sono quattro le azioni che costituiranno il “cuore” del progetto: un’analisi approfondita delle tipologie dei ciclisti ed i loro bisogni; stabilire dei network sia all’interno delle strutture che si occupano a vari livelli dei servizi per la ciclabilità sia con tutte le associazioni ed i gruppi d’interesse legati al mondo della bicicletta; campagne di comunicazione per migliorare l’immagine della bicicletta come mezzo di trasporto sicuro ed aumentare così l’uso del mezzo a due ruote per gli spostamenti quotidiani in città.

Progetto Bicy

A metà di maggio si è tenuto a Ferrara, nella sala del Consiglio provinciale in Castello Estense, il meeting di avvio del progetto comunitario “Bicy – Cities and Regions of Bicycle”, finanziato dal programma Central Europe dell’Unione Europea.
Il progetto, che vede la Provincia di Ferrara come leader partner, coinvolge altre undici realtà istituzionali, enti locali, enti di ricerca, agenzie di sviluppo e Università, in rappresentanza di sette Paesi europei: Italia, Germania, Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Slovenia. Per l’Italia, oltre alla Provincia di Ferrara ente capofila, partecipano anche la Provincia di Ravenna e l’Università di Bologna.

Si tratta del primo incontro ufficiale di un lavoro congiunto che vedrà impegnati i partner aderenti al progetto per i prossimi tre anni con lo scopo di promuovere la mobilità ciclabile.

Diverse sono le attività che il progetto prevede di attivare: un piano di comunicazione e promozione congiunto, la definizione di indicatori comuni per lo sviluppo di strategie transnazionali, parcheggi sicuri e servizi innovativi per la conoscenza della domanda di mobilità ciclabile e il conteggio dei relativi flussi.
Un lavoro congiunto per un obiettivo comune e sempre più imprescindibile per le politiche locali, che metterà a frutto conoscenze ed esperienze specifiche del mondo istituzionale e scientifico.
Già attivo il sito www.bicy.it dove saranno disponibili i report del progetto.

Progetto CycleLogistic

Entro la fine di giugno sarà definito in ogni sua parte il progetto CycleLogistic nell’ambito di STEER (uso efficiente dell’energia nei trasporti). Il progetto è finalizzato alla riduzione dell’energia utilizzata nei trasporti verso i centri cittadini attraverso l’utilizzo della bicicletta, nelle diverse varianti “cargo”, al fine di organizzare piattaforme logistiche esterne ai centri storici per poi effettuare la consegna delle merci attraverso mezzi ad impatto energetico ridotto al minimo.

I partner coinvolti sono: Città di Ferrara, (Italy) www.ferrarainbici.it , City of London (UK), Urban Cab (France) www.urban-cab.com , Messenger (Berlin, Germany) , EAP Energy Agency of Plovdiv (Bulgaria), City of Alba-Iulia (Rumania), ECF-European Cyclists’ Federation (Belgium) http://www.ecf.com , Copenhagenize (Denmark) www.copenhagenize.com , FGM-AMOR (Austria), CTC (UK) http://www.ctc.org.uk

Progetto PRESTO

Cinque città europee – Brema (Germania), Grenoble (Francia), Tczew (Polonia), Venezia (Italia) e Zagabria (Croazia), con vari livelli di quota di utilizzo della bicicletta – costituiscono l’arena per analizzare i potenziali non ancora sviluppati della mobilità ciclistica. Le attività di PRESTO in queste città si concentrano sulla pianificazione di infrastrutture migliori e su attività di promozione mirate a incoraggiare l’utilizzo della bicicletta.

I tre pilastri tematici di PRESTO sono:

Pianificazione delle infrastrutture: infrastrutture adeguatamente pianificate sono fondamentali per incrementare l’uso della bicicletta. PRESTO offrirà la propria consulenza per lo sviluppo di strumenti di piano concreti volti a creare le condizioni funzionali e di sicurezza per la mobilità ciclistica.

Promozione: l’informazione riveste un ruolo chiave nell’incoraggiare un nuovo approccio nei confronti della mobilità in bicicletta. Una informazione mirata e altre misure “soft” solleciteranno i cittadini all’uso della loro bicicletta per cominciare ad apprezzarne le possibilità e opportunità che essa offre. In questo modo sarà possibile intervenire sugli stili di vita e rafforzare la cultura della bicicletta.

Promozione delle pedelec: le pedelec (bici a pedalata assistita) costituiscono la scelta ideale per gli spostamenti in bicicletta delle persone che non rientrano nel target abituale delle campagne promozionali della bicicletta standard: ad esempio gli anziani o le persone che vivono in zone collinose caratterizzate dal susseguirsi di discese e salite. La promozione delle pedelec presso questi gruppi di popolazione estenderà il bacino dei potenziali ciclisti.

PRESTO è il primo progetto europeo che coinvolge i rivenditori di biciclette
L’associazione europea di settore dei rivenditori di biciclette (ETRA), partner nel progetto, intende aumentare presso i rivenditori locali il livello di consapevolezza della necessità di avere una appropriata offerta di biciclette per l’uso quotidiano. PRESTO organizzerà “dimostrazioni su strada” nelle cinque città con l’obiettivo di far familiarizzare gli utenti della strada con le biciclette a pedalata assistita. Il sito di PRESTO è http://www.presto-cycling.eu/it

Post originale su Cittainbici: Al via Progetti Europei per la Bici

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lunedì 21 giugno 2010

In USA si raddoppiano gli stanziamenti per pedoni e ciclisti.

Tempi di crisi. Tempi di tagli. Ma cosa tagliare? Indubbiamente la spesa pubblica va contenuta. Ma se si guarda il problema considerando i suoi possibili sviluppi sul lungo periodo è sicuramente più saggio evitare di calare la mannaia su quelle spese che tendono a contrastare la dipendenza da combustibili fossili sempre più cari e che favoriscono un accesso davvero universale a quei servizi di mobilità di cui le società postindustriali hanno sempre più bisogno. Negli USA l'amministrazione Obama ha dichiarato, per bocca del segretario ai trasporti La Hood, di considerare gli spostamenti a piedi e in bicicletta una modalità di trasporto di importanza pari a quelli effettuati in automobile. E ha raddoppiato gli stanziamenti federali per finanziare progetti volti a favorirli.

La spesa federale a finanziamento di progetti a favore della mobilità pedonale e ciclistica è aumentata da 600 a 1200 milioni di dollari in un anno, secondo laFederal Highway Administration. Vent'anni fa il governo federale riservava a questi progetti solo 6 milioni di dollari all'anno. Un aumento di questa spesa era già stato previsto, ma l'amministrazione Obama lo ha ulteriormente rimpolpato con 400 milioni di dollari aggiuntivi nell'ambito del programma di sostegno all'economia in crisi.



La nuova attenzione a pedoni e ciclisti rappresenta una svolta rispetto alla precedente amministrazione Bush. Mary Peters, segretario ai trasporti di Bush, considerava le piste ciclabili come progetti che "non erano realmente trasporto", e per questo non potevano trovare spazio nella politica federale dei trasporti.

In Marzo il segretario ai trasporti di Obama, Ray LaHood, annunciava un "drastico cambiamento" di politica volto a dare ai progetti pedonali e ciclistici la stessa importanza di quelli riguardanti la mobilità automobilistica nella progettazione e nell'accesso ai finanziamenti federali. Questa politica si inserisce nel più ampio contesto delle iniziative dell'attuale amministrazione riguardanti la qualità della vita, che riguardano la creazione di reali alternative all'uso dell'auto - autobus, tram e treni come biciclette e spostamenti a piedi - considerate centrali nella soluzione dei problemi di trasporto della nazione.

Il trasporto attivo (a piedi e in bicicletta) è in aumento, secondo il report della FHA basato su una raccolta dati annuale. Il numero di spostamenti a piedi è più che raddoppiato dai tempi del primo rapporto, passando dai 18 miliardi del 1990 ai 42.5 miliardi del 2009. Anche gli spostamenti in bicicletta hanno visto un aumento simile, passando nello stesso periodo da 1.7 miliardi a 4 miliardi. Nel complesso queste due modalità di trasporto rappresentano l'11.9 per cento di tutti gli spostamenti registrati. Gli spostamenti in bici rappresentano meno dell'1 per cento del totale.

"Gli Americani desiderano e hanno bisogno di alternative all'automobile" ha dichiarato LaHood. "Dando a ciclisti e pedoni più sicurezza e possibilità di accesso, saremo in grado di garantire più possibilità di scelta agli americani e favoriremo la crescita di comunità più attive e vivibili."
Articolo originale su Telegraph.co.uk: Obama administration spends $1.2 billion on cycling and walking initiatives

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venerdì 18 giugno 2010

Los Angeles: una città per il trasporto pubblico.

Los Angeles: una città costruita per le auto, intorno all'auto e dove l'auto rappresenta molto più che altrove lo status di chi la possiede. Il classico posto dove chi sostiene l'eterno e onnipresente luogo comune che "certe bellissime idee qui da noi non si realizzeranno mai" può chiudere la bocca a qualunque interlocutore animato dalle migliori intenzioni e solidamente appoggiato su una preparazione ferrea. Eppure...

Los Angeles: la prossima grande metropoli simbolo del trasporto pubblico?
di Jarrett Walker


La campagna del sindaco di Los Angeles Antonio Villaraigosa mirata volta ad accelerare i lavori di costruzione del servizio di trasporto pubblico su rotaia nella sua città trova ampio spazio nei media, non solo per la tenacia che la caratterizza ma anche per l'interesse che sta suscitando presso l'amministrazione Obama, al Congresso e in altre città che gradirebbero moltissimo poterne seguire l'esempio. Ma può insegnare molte cose anche a progettisti dei trasporti che lavorano dall'altra parte dell'oceano, come me.

Quando parlo del trasporto pubblico Nord Americano agli Australiani o ai Neozelandesi non parlo molto di New York o Boston o di altre città dove le lunghe tradizioni cittadine si avvicinano a quelle europee; gli Australiani e i Neozelandesi conoscono l'Europa meglio degli Americani. Parlo invece di Portland, per i suoi regolamenti di utilizzo del territorio, il suo centro particolare e le sue linee tranviarie capillari e diffuse. Parlo di Vancouver per lo Skytrain e le sue modalità di gestione della crescita urbana, ma soprattutto per la crescita enorme della densità abitativa avvenuta negli ultimi decenni.


Ma quando li voglio davvero sorprendere e far loro cambiare modo di pensare, parlo di Los Angeles. Gli Australiani e gli Europei istruiti hanno visitato Los Angeles per lo più da turisti, e la ricordano affacinati da quella sensazione che si può definire tranquillamente orrore. Anche se non ci sono mai stati la conoscono come la capitale americana dell'auto, la metropoli alla quale non potrebbero ai pensare come a una città ben servita dal trasporto pubblico.

Anche oggi LA può apparire dominata senza speranza dalle automobili, ma la sua struttura urbana rappresenta una fortuna nel senso che la rende una intelligente scommessa di lungo termine come una città relativamente sostenibile, per lo meno in termini trasportistici. A rendere questa scommessa possibile due fattori in particolare: (a) la presenza di numerosi grandi centri di attività sparpagliati in tutta la regione e (b) un reticolato di arterie molto regolari, spesso distanziate tra loro in un modo che le rende molto adatte al trasporto pubblico, che attraversano gran parte della città e che offrono l'infrastruttura ideale per un serivzio di trasporto pubblico efficiente.

Dato che LA è una vasta costellazione di lughi molto densi, piuttosto che un semplice centro circondato da un hinterland, è piena di corridoi dove c'è un continuo flusso di domanda di trasporto in entrambi i sensi di marcia per tutto l'arco della giornata. La situazione ideale per un trasporto pubblico di qualità e conveniente. Questo fa assomigliare Los Angeles più a Parigi che a New York. Gran parte dell'area tra il centro e Santa Monica è coperta da una fitta rete di grandi viali caratterizzati tutti con il punto di partenza nel centro città e con quello di arrivo in qualche punto della fascia costiera naturalmente densa di abitazioni ed attività. Tutti questi viali, nessuno escluso, rappresentano un enorme mercato potenziale per il trasporto pubblico, una volta che gli venga garantita un'adeguata protezione dal traffico.


La rete di autobus, di scarsa qualità ma molto estesa, Metro Rapid, si è giovata di questa geografia e un giorno o l'altro verrà sostituita da quelle che saranno le linee tranviarie più affollate dell'Ovest Americano. Una delle domande più interessanti su Los Angeles riguarda le modalità con il quale un trasporto pubblico di qualità verrà inserito in una città di ampi e lunghi viali -- un'altra caratteristica che fa assomigliare Los Angeles a Parigi. Presto o tardi la maggior parte di questi viali dovranno cedere due corsie ai servizi di trasporto pubblico affollati ed efficienti, che permetteranno di far muovere molte più persone di quante ne consentano le auto. Ma definire i dettagli comporta molto più impegno e passione (tranvia o bus? Corsie centrali o laterali? Come progettare le fermate? In che relazione con il paesaggio stradale? Fermate frequenti e servizio più lento o fermate diradate e servizio più rapido? Le domande non mancano).

Le densità abitative in molti luoghi sono più basse di quelle ideali, ma Los Angeles, più di ogni altra città al mondo, presenta un'infinita serie di opportunità di riempimento, anche se i quartieri residenziali delle classi medio-alte sono molto rarefatti. Se una mano divina proibisse da un giorno all'altro la cementificazione anche di un solo pollice quadrato aggiuntivo, la regione di LA continuerebbe a crescere senza sosta.

Infine, naturalmente, Los Angeles ha costruito un largo consenso sul disperato bisogno di un trasporto pubblico, e questa è la parte della storia che impressiona gli stranieri. I telespettatori di tutto il mondo hanno visto le immagini di Los Angeles e di come vi si svolge la vita. E una cosa che hanno sempre visto, giorno dopo giorno, è che questa è una città per le automobili, un posto dove l'auto significa libertà, e la tua auto è il tuo biglietto da visita più importante. Quando dico che il popolare sindaco di Los Angeles sta spendendo gran parte della sua credibilità politica su una campagna per accelerare lo sviluppo dei servizi di trasporto pubblico nella sua città, al punto di domandare un completo ripensamento dell'utilizzo dei fondi federali per il trasporto, si alza più di un sopracciglio. E' uno di quei piccoli scossoni che possono cambiare la nostra nozione di ciò che è possibile, ovunque ci troviamo.



Il più importante sforzo di promozione del trasporto pubblico negli Stati Uniti sta arrivando dalla città più automobile della nazione. E dato che l'industria cinematografica e televisiva continueranno a raccontare al mondo la storia di questa città, il sorgere del trasporto pubblico di LA sarà un evento di risonanza mondiale. Non c'è nessuno che si sta preoccupando di studiare come cinema e TV dipingono l'evoluzione delle modalità di spostamento degli abitanti di LA? Si tratta di una cosa davvero importante.

Articolo originale: Los Angeles: the next great transit metropolis?

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L'autore:

Jarrett Walker è un consulente internazionale per la progettazione di reti di trasporto pubblico. Ha diretto numerosi grandi progetti in Nord America, Australia e Nuova Zelanda. Attualmente lavora presso Mc Cormick Rankin Cagney a Sidney.

Nato nel 1962 è cresciuto a Portland, Oregon durante i caldissimi anni settanta, il momento nel quale questa città prese il suo decisivo impegno per diventare una città per le persone piuttosto che per le auto. Tra le altre cose ha conseguito anche un Ph.D. in arti teatrali e umane alla Stanford University. Visceralmente interessato in un vastissimo numero di argomenti, è probabilmente l'unica persona le cui pubblicazioni vengono recensite sia dal Journal of Transport Geography che dalla Shakespeare Quarterly. Oltre che di trasporto si occupa anche di botanica, scrittura creativa, arti figurative sul suo blog personale, Creature of the Shade

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giovedì 17 giugno 2010

Restringere le strade fa bene al traffico.

Siamo assolutamente convinti che le nostre infrastrutture per i trasporti siano abbondantemente sovradimensionate, ancorchè inefficienti. Un modo per migliorare le loro performance è quello di riservare più spazio a bisogni diversi da quello, spesso fine a se stesso, della mobilità veicolare privata. Quanto segue è un post di Michael Bohn che illustra i vantaggi dei programmi di "diete stradali" in atto a Long Beach, California.

Le diete stradali giovano ai pedoni, all'economia e perfino al traffico.
di Michael Bohn


Gli umani non sono i soli ad avere bisogno di mettersi a dieta. Sempre più città stanno sottoponendo a drastiche cure dimagranti le loro vie - riducendo le corsie destinate al traffico per aumentare lo spazio riservato ai pedoni e calmare il traffico. Il recente successo di New York nella chiusura di un enorme porzione di Times Square è l'esempio recente più famoso negli USA. Ma il dato interessante è con quanta velocità ed efficienza questo possa succedere anche su una scala relativamente piccola in qualunque città o cittadina.

Ulteriore sorprendente notizia: oltre a favorire i pedoni e l'economia locale che prospera sui pedoni, le diete stradali possono migliorare anche la congestione stradale.

Long Beach, California, sta applicando una serie di diete a riprova di come queste possano funzionare. Tra queste un progetto presentato alla fine del 2009 riguardante l'incrocio tra la Prima Strada e la Linden Avenue nell'East Village. La mia agenzia, Studio One Eleven, ha lavorato in collaborazione con l'amministrazione locale per progettare un allargamento dei marciapiedi all'incrocio. Queste estensioni hanno lo scopo di ridurre la distanza da un marciapiede all'altro, precedentemente di oltre 50 piedi (circa 16 metri), di una percentuale variabile dal 40 al 60%, riducendo significativamente l'esposizione dei pedoni ai pericoli del traffico, portandoli oltre le barriere create dalle auto parcheggiate, dagli alberi lungo il marciapiede e dall'arredo stradale. Il restringimento della Prima Strada, con diritto di precedenza, ha anche costituito una buona misura di traffic calming, aumentando la sicurezza di pedoni e ciclisti e dando ai negozi una migliore visibilità.

Oggi queste espansioni dei marciapiedi sono completamente integrate nella infrastruttura stradale, ma all'inizio erano statee introdotta sotto forma di prototipi sperimentali e temporanei voluti dall'amministrazione comunale che aveva disposto piante in vaso lungo la via per delimitare l'ipotetica zona pedonale. Un ristorante che si affaccia sull'incrocio aveva disposto alcuni tavoli in questa nuova area di "marciapiede" (che allora era ancora effettivamente parte della sede stradale). Venne installato un banchetto informativo per spiegare i concetti alla base dell'allargamento del marciapiede.

Si dà per scontato tra alcuni urbanisti che migliorare le condizioni della mobilità pedonale può migliorare l'economia locale, ma i risulati in questo caso sono stati sorprendenti: il ristorante ha raggiunto il più grosso volume d'affari nella sua storia decennale.

La nuova espansione permanente del marciapiede garantisce circa 300 mt quadrati aggiuntivi ai pedoni, un'area pari a due coffee shops o a un ristorante di medie dimensioni. Oltre alla possibilità di mangiare all'aperto c'è ora lo spazio per introdurre un po' di vegetazione (piante grasse), un po' di arredo stradale come panchine, cestini e pavimentazione del marciapiede di qualità. I negozi utilizzano il marciapiede per aggiungere rastrelliere per biciclette e stand dei loro articoli all'aperto. Lo spazio aggiuntivo ha liberato l'area utilizzata per gli spostamenti consentendo ai negozi di espandere le loro attività all'aperto.


Questa progettazione su scala umana è forse il vantaggio più importante di una dieta stradale ben architettata. Le espansioni dei marciapiedi dell'incrocio tra la Prima e la Linden hanno contribuito alla vitalità dell'East Village con i commercianti, i clienti e i residenti che apprezzano il "senso del luogo" che ne scaturisce e che ben si armonizza con il senso di energia che emanano negozi e abitazioni. Oggi più che mai il quartiere è un luogo civile dove i pedoni e i ciclisti sono facilmente identificabili, gli avventori dei caffè possono osservare i passanti e i clienti tendono a protrarre la loro permanenza nei negozi.

Ma quali sono i benefici che un allargamento dei marciapiedi può apportare ai flussi di traffico? Sembra assurdo che ci possanno essere dei vantaggi anche per il traffico, dato che le espansioni dei marciapiedi rallentano volutamente le auto e spesso eliminano le corsi riservate alla svolta a destra. I sostenitori delle diete stradali pensano che sia più importante garantire la sicurezza ai pedoni che un veloce attraversamento di un incrocio alle automobili. Comunque la distanza più breve tra un marciapiede e l'altro ottenuta con questo genere di misure consente un minor tempo di attraversamento per il pedone, che si traduce in un aumento del tempo a disposizione delle automobili che compensa parzialmente la mancanza di una corsia. In altre parole tutti vincono: le auto mantengono un flusso costante e i pedoni riescono ad attraversare in maggiore sicurezza.

La mia agenzia sta lavorando con l'amministrazione di Long Beach per introdurre diete stradali un po' in tutta la città. Tra queste il restringimento di alcune vie sostituendo alcune corsie con dei parcheggi su sede stradale e con corsie ciclabili previste tra i parcheggi e il marciapiede.

Molti di questi cambiamenti sono il risultato del lavoro della Long Beach's Livable Community agenda, che ha l'appoggio del Consiglio Comunale e rappresenta una priorità per l'amministrazione cittadina. Nel 2009 Charlie Gandy, un cicloattivista molto noto, è stato nominato Coordinatore della Mobilità per applicare molte di queste riforme.

Secondo Streetsblog Los Angeles, che si occupa molto da vicino di pedoni, trasporto pubblico, ciclismo urbano e argomenti correlati, la città si sta preoccupando della salute dei suoi residenti e per l'ambiente. "Ma siamo anche di fronte a una strategia di sviluppo economico" dice Joe Linton. "Se Long Beach vuole attrarre e trattenere aziende e posti di lavoro deve essere competitiva. E la città pensa che per esserlo occorra migliorare la qualità della vita."

Se si osserva l'esempio dell'incrocio tra la Prima e la Linden e agli altri esempi di diete stradali in corso d'opera, questa strategia sembra vincente.

Articolo originale: Road Diets: making streets slim down is good for pedestrian, economy and even for traffic


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Michael Bohn lavora nello Studio One Eleven a Long Beach, California e si occupa di architettura, paesaggio e progettazione urbana.

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mercoledì 16 giugno 2010

Lo stato della mobilità sostenibile in Italia

La figura del mobility manager, introdotta in Italia con un decreto ministeriale del 1998 è ancora poco conosciuta in Italia. Il suo compito è quello di gestire la mobilità delle persone a livello di una determinata area od azienda, favorendo modalità di trasporto sostenibili. Dal 2000 questi professionisti sono rappresentati da un'associazione chiamata Euromobility che "si impegna nella promozione della figura del mobility manager presso le Pubbliche amministrazioni e le imprese private. La missione di Euromobility mira a creare e diffondere la cultura della mobilità sostenibile, stimolando negli individui e nelle organizzazioni comportamenti orientati all'adozione di soluzioni eco-compatibili per una migliore qualità della vita".

Quella che segue è una lunga e articolata intervista sullo stato della mobilità sostenibile in Italia e di come i MM possono contribuire a migliorarla.

Lo stato dell’arte della mobilità sostenibile in Italia: intervista a Lorenzo Bertuccio
di Marco De Mitri


Per conseguire l’obiettivo di una mobilità sicura, sostenibile ed efficiente i soggetti responsabili (amministrazioni, aziende, operatori del trasporto, ecc.) hanno a disposizione numerosi strumenti – operativi ed organizzativi – che consentono loro di calibrare le politiche scelte in base alle caratteristiche del contesto ed al tipo di mobilità (es. sistematica, occasionale, ecc.) che si trovano a dover gestire.

Spesso tali strumenti, ormai ben conosciuti dal punto di vista tecnico ed organizzativo, sono implementati in modo disorganico ed inefficiente, con il risultato di veder ridotte le loro potenzialità e di riuscire a conseguire solo una piccola parte dei benefici che sarebbe possibile ottenere a seguito di una programmazione integrata ed accurata degli interventi.

Allo scopo di rendere chiaro il quadro degli strumenti a disposizione e lo stato attuale di implementazione delle diverse misure di gestione della mobilità (“Mobility Management”), chiediamo a Lorenzo Bertuccio, direttore scientifico di Euromobility, di aiutarci a comprendere lo stato dell’arte e le tendenze evolutive delle politiche di mobilità sostenibile attualmente in corso.

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Partiamo innanzitutto dai Mobility Manager. A distanza di diversi anni dall’introduzione di questa figura nel quadro legislativo nazionale (con il Decreto interministeriale Mobilità sostenibile nelle aree urbane del 27/03/1998), esistono ancora numerose amministrazioni ed aziende che, pur soggette all’obbligo di nomina, non hanno provveduto ad individuare il responsabile della mobilità dei loro dipendenti. E’ soddisfacente l’attuale livello di diffusione dei Mobility Manager? Come possiamo giudicare l’effettivo contributo dei Mobility Manager già nominati alla gestione della mobilità di cui sono responsabili?

Dopo dodici anni si contano 67 uffici d’area e poco più di 800 mobility manager di azienda. Il contributo nella gestione della mobilità in ambito urbano che può derivare dalle attività di mobility management è sicuramente strategico. Il Mobility Management rappresenta una novità nella gestione della mobilità per il suo carattere interdisciplinare che tocca sia gli aspetti tecnici, logistici e infrastrutturali, sia quelli legati all’individuo e alla sua sfera emotiva e comportamentale.

Accanto ai servizi innovativi già disponibili come car sharing e bike sharing, il mobility manager propone una serie di alternative all’uso dell’auto privata immediatamente disponibili e a basso costo, tante piccole azioni che sommate possono portare a risultati importanti. L’approccio del mobility manager permette di realizzare iniziative ed individuare soluzioni ottimali che consentano l’adozione da parte del cittadino di modalità di spostamento eco compatibili. Purtroppo però, a fronte di questo mix di interventi messi in campo in questi anni, quasi nessuna esperienza italiana è mai stata valutata con adeguati indicatori di efficacia delle azioni intraprese.

Mobilità ciclabile: è noto che in numerosi contesti urbani molti spostamenti, seppur fattibili a piedi o in bicicletta per via della breve percorrenza, vengono effettuati con veicoli a motore privati (auto, motocicli). Come si può intervenire con efficacia (e in un contesto di risorse scarse per i Comuni) per rendere le strade urbane più adatte agli spostamenti in bicicletta? Come si presenta il panorama nazionale per dotazione di piste o percorsi ciclabili? E quanto in Italia esiste una cultura della bicicletta?

Per i percorsi brevi la bicicletta rimane di gran lunga il mezzo più rapido e flessibile per spostarsi poiché consente di variare il tragitto a proprio piacimento evitando così gli ingorghi del traffico ed eliminando totalmente il problema della ricerca di parcheggio. I crescenti problemi di congestione e di inquinamento dovuti al traffico urbano hanno portato ad una maggiore attenzione alle modalità di spostamento non motorizzato, e così, oltre ai piccoli centri e ai Comuni con uno sviluppo orografico pianeggiante, anche nelle città che per il loro assetto urbanistico non sono compatibili si sono creati spazi per la mobilità ciclabile. Il quadro nazionale che emerge dall’Osservatorio sulla mobilità sostenibile nelle principali 50 città italiane gestito da Euromobility mostra un’Italia ancora alla ricerca della mobilità sostenibile. Le condizioni in cui versano le nostre città, infatti, sono sempre più compromesse, a cominciare dall’elevato tasso di motorizzazione che resta ancora il più alto d’Europa, 62 veicoli ogni 100 abitanti. La dotazione di infrastrutture dedicate alla mobilità ciclistica ancora una volta evidenzia il divario tra nord e sud, la ragione principale è di tipo culturale, di fatto le Regioni del centro nord hanno sempre mostrato interesse verso la bicicletta, si pensi alla Regione Emilia Romagna e a città virtuose come Ferrara o Parma.

Nelle 50 città monitorate dall’Osservatorio nove città del sud risultano totalmente sprovviste di piste o percorsi ciclabili. Il dato relativo all’estensione dei percorsi ciclabili mostra che solo sette città su cinquanta possiedono una rete superiore ai 100 km, e anche per quanto riguarda l’estensione della rete ciclabile rispetto al numero di abitanti residenti, gli esempi migliori si registrano ancora una volta al nord. Piste e percorsi ciclabili, come anche interventi di limitazione alla circolazione delle automobili, favoriscono certo l’uso della bicicletta, ma a fianco di un più moderno assetto infrastrutturale e trasportistico delle nostre città, è inderogabile e prioritario puntare su una nuova cultura di mobilità che favorisca le possibili alternative all’uso dell’auto privata.

Da questo punto di vista abbiamo degli esempi virtuosi dai Comuni che hanno istituito un apposito ufficio dedicato alla mobilità ciclabile, l’Ufficio Biciclette, o che partecipano ad iniziative a livello nazionale per la promozione della mobilità lenta come “Bimbimbici” che coinvolge i ragazzi delle scuole in una pedalata cittadina occasione di divertimento e di sensibilizzazione al tema dell’uso della bicicletta per gli spostamenti quotidiani, in particolare per quelli casa – scuola. Altra iniziativa degna di nota a favore della mobilità ciclabile è il “Bicibus”, ossia gruppi organizzati di bambini che raggiungono la scuola in bicicletta sotto la supervisione di adulti (genitori, nonni, volontari) che li seguono su un percorso predeterminato e protetto. Salutiamo inoltre con favore le recenti iniziative messe in campo dal Ministero dell’Ambiente attraverso gli incentivi per l’acquisto di biciclette e il Bando per il bike sharing nonché l’istituzione della “Giornata Nazionale delle Bicicletta”.

Sempre a proposito di biciclette, è da salutare favorevolmente la diffusione in Italia dei sistemi di bike sharing (cioè di biciclette messe a disposizione dei cittadini da parte delle amministrazioni comunali, da prelevare e consegnare in punti prefissati nelle aree pubbliche). All’estero esistono esperienze di grande successo (come ad esempio in Francia, dove Parigi e Lione hanno implementato sistemi con migliaia di biciclette, ottenendo una notevole riduzione degli spostamenti motorizzati). Quali sono le chiavi di successo (ed i rischi) per un Comune che voglia offrire ai propri cittadini un servizio di bike sharing?

Negli ultimi anni si è assistito ad una grande diffusione del bike sharing, le biciclette condivise sono aumentate del 68% dal 2008 al 2009 e gli utenti del 206,5 %. Ancora una volta si tratta di un Paese a due velocità: un centro nord che segue l’innovazione e un sud, tranne rare eccezioni, che arranca. In particolare il bike sharing funziona in quelle realtà che lo hanno introdotto in modo serio ed incisivo come ad esempio il Comune di Milano che ha messo a disposizione dei cittadini 1.400 biciclette distribuite in 100 stazioni posizionate in prossimità dei principali punti strategici all’interno della Cerchia dei Bastioni. Il servizio sta avendo grande successo, sono più di un milione i prelievi totali dalla sua apertura con punte di 4.500 prelievi giorno.

Come Club delle Città per il Bike Sharing riteniamo importante l’attività continua di monitoraggio dell’utilizzo effettivo del servizio. Punto di forza del sistema di bike sharing elettronico è la possibilità di monitorare in tempo reale il servizio; i dati relativi alle transazioni vengono registrati in un database e offrono la possibilità di analizzare i flussi di spostamento e realizzare così statistiche sull’utilizzo del sistema. Questi dati diventano per il pianificatore validi indicatori per valutare il reale utilizzo delle flotte consentendo di compiere scelte sull’ampliamento o l’aggiustamento del servizio. La chiave del successo? Un servizio innovativo, introdotto per disincentivare l’uso dell’automobile, avrà davvero successo se non rimane una mera sperimentazione ma diventa un servizio reale che porti ad un comportamento diffuso; con i piccoli numeri non è possibile incidere significativamente sul traffico urbano. È stata imboccata una strada di sicuro successo, ma il cammino è appena iniziato.

Oltre alle biciclette è possibile condividere anche le auto, con i servizi di car sharing. In Italia il settore è in crescita, anche se non mancano i casi di Comuni che hanno dovuto chiudere il servizio dopo pochi anni di attività. Quale è la situazione ad oggi
?

Come per il bike sharing, anche il car sharing mostra un trend sempre in crescita, certo essendo questo servizio storicamente più “anziano” (la prima esperienza risale al 2001,) subisce un rallentamento inevitabile e fisiologico nelle percentuali di crescita. Nel biennio 2008 – 2009 si è registrato un incremento del numero di utenti del 15,14%, parallelamente è cresciuto anche il numero delle auto disponibili: più 12,9%. Secondo la recente indagine di customer satisfaction realizzata da ICS – Iniziativa Car Sharing per stabilire l’interesse del servizio, il gradimento degli abbonati e l’immagine percepita, l’utente che sceglie il car sharing ha generalmente problemi di parcheggio sia perché non possiede un box per il ricovero dell’auto sia perché la sosta su strada è tariffata. Tutto questo spiega il fatto che la scelta di rinunciare all’auto di proprietà per passare al car sharing sia più spontanea nelle grandi città.

Sempre da questa indagine sono emersi dei punti deboli che a volte possono portare al fallimento del servizio fino a decretarne la chiusura come è accaduto per il Comune di Rimini. Anche qui vale la stessa cosa detta per il bike sharing: per avere successo e rispondere davvero alle esigenze degli utenti il servizio deve essere capillare, ossia i parcheggi dovranno essere numerosi e soprattutto facilmente accessibili. Altro elemento importante è la disponibilità effettiva delle automobili al momento della prenotazione.

Se proprio non si può fare a meno di utilizzare l’auto privata, si può cercare di utilizzarla in modo intelligente, aggregando diverse persone che devono effettuare lo stesso tragitto (anche solo in parte). Questo modo di organizzarsi, che tempo fa era attuato semplicemente con il passaparola tra vicini di casa o colleghi di lavoro, oggi (con il nome di car-pooling) assume un nuovo valore a fronte dei costi economici crescenti dello spostamento in auto (carburante, pedaggi, parcheggi) e delle sempre maggiori restrizioni della circolazione nei centri cittadini. Inoltre, l’utilizzo di piattaforme informatiche (aziendali o via web) consente di potenziare enormemente l’aggregazione di utenti interessati a condividere lo spostamento. Quanto sono realmente efficaci queste misure? Quali possono essere i metodi migliori per indurre automobilisti e cittadini a condividere uno spostamento in auto con degli sconosciuti?

Il viaggio condiviso è da sempre stato un’espressione spontanea che avviene generalmente tra colleghi di lavoro senza la necessità di sovrastrutture che ne organizzino le modalità. Negli ultimi anni tuttavia si è tentato in vari modi di incentivare il car pooling soprattutto attraverso la creazione di portali che alla fine non sono altro che delle bacheche virtuali che ospitano l’offerta di passaggi su determinati tragitti. A mio parere non è questa la modalità vincente, o perlomeno non solo questa. Il motivo per cui un’automobilista è disposto a condividere il viaggio casa – lavoro è soprattutto di tipo economico, ossia la necessità di risparmiare sul carburante e/o sulla sosta. Infatti i casi di successo si registrano in realtà in cui un’azienda avendo pochi posti auto a disposizione dei propri dipendenti e trovandosi in una zona con la sosta tariffata, decide di garantire la sosta gratuita all’interno del parcheggio aziendale proprio per gli equipaggi in car pooling.

Il metodo migliore che induce il cittadino a fare car pooling è offrire delle agevolazioni a fronte di un sacrificio richiesto (condividere l’auto con degli sconosciuti non piace a nessuno) dovuto a restrizioni contingenti o necessarie. Voglio citare come esempio quello di Autostrade per l’Italia Spa che trovandosi nella necessità di diminuire le corsie a disposizione degli utenti a causa dei lavori di potenziamento tra Milano e l’Autostrada dei Laghi, ha adottato la strategia di concedere un pedaggio agevolato agli equipaggi in car pooling che percorrono ogni giorno quella tratta, nonché un’uscita riservata.

Il generale contesto economico di crisi pone le amministrazioni locali e centrali in condizione di disporre di scarse risorse per l’implementazione di misure di mobilità sostenibile. Quali sono gli strumenti operativi più efficaci che possono essere implementati dai Comuni in tempi rapidi e con costi ridotti? Cosa ci suggeriscono in proposito le migliori esperienze nazionali ed internazionali?

Lo strumento operativo a nostra disposizione che coniuga misure soft, tempi brevi e costi contenuti è senza dubbio il Mobility Management, che può determinare inversioni di tendenza nei comportamenti e negli atteggiamenti dei decision makers e dei cittadini e che deve essere riconosciuto come elemento strategico all’interno delle politiche aziendali e punto indispensabile per contribuire alla sostenibilità delle realtà produttive. L’approccio del mobility manager permette di realizzare iniziative a breve termine ed individuare soluzioni economiche che consentono l’adozione da parte del cittadino di modalità di spostamento eco-compatibili. Euromobility si appresta ad iniziare un nuovo decennio con l’impegno di contribuire a costruire le condizioni perché ad ogni livello si faccia strada la consapevolezza che un tema così rilevante non può essere lasciato nelle sole mani dei Sindaci e nelle sempre più scarse possibilità finanziarie delle Pubbliche Amministrazioni, ma che deve invece essere assunto con priorità dal Governo, dal Parlamento, dalle Regioni, dall’industria e dalle parti sociali.

Alcuni aspetti della crisi possono trovare soluzione e possibilità di positivo sviluppo se il tema della sostenibilità ambientale, non come mera scelta ideologica ma come modello di sviluppo, viene assunto come fondamentale nelle politiche industriali e istituzionali del Paese. E’ necessario innescare un percorso virtuoso che premi le aziende che introducono il mobility management quale requisito per godere di vantaggi sul piano finanziario e/o fiscale o per l’adozione di strumenti volontari, quali ad esempio le certificazioni ambientali o i bilanci di Responsabilità Sociale di Impresa. I buoni esempi ci sono, e anche i risultati. Uno fra tanti: la Deutsche Bahn (ferrovie tedesche), che ha introdotto l’Ecoguida per i suoi 4000 macchinisti con un risparmio energetico del 10% ed economico di 300 miliardi di euro sulla bolletta elettrica. L’incentivo per i dipendenti è un bonus in busta paga proporzionato al risparmio ottenuto dall’azienda.

Cosa è infine auspicabile che venga prodotto, a livello di normative ed interventi, in ambito italiano ed europeo? In quale direzione dovrebbero essere prioritariamente concentrati gli sforzi per ottenere una mobilità più sicura e più sostenibile a livello economico, energetico ed ambientale?


Nel maggio scorso siamo stati convocati dalla Commissione Trasporti della Camera dei Deputati per un’audizione sulle politiche da sviluppare per l’adozione del Piano di Azione sulla Mobilità Urbana. A mio avviso tra le azioni previste dall’Action Plan assume rilievo quella relativa alla redazione di Piani di Mobilità Urbana Sostenibile. La corretta interpretazione di tale indicazione è fondamentale per cogliere appieno il significato innovativo di uno strumento di pianificazione già previsto dal nostro ordinamento (il PUM), ancorché disatteso da molti Comuni, e che dovrebbe rappresentare una modalità di pianificazione della mobilità di persone e merci nelle aree urbane che si dà carico di soddisfare la complessità della domanda di trasporto generata nelle aree urbane secondo principi di sostenibilità ambientale, contenimento dei consumi energetici, efficienza dei sistemi.

All’interno del Piano di Mobilità Urbana Sostenibile possono trovare soddisfazione tutte le azioni indicate dal Piano d’Azione sulla Mobilità Urbana, per cui è fondamentale che tale adempimento diventi obbligatorio almeno per i Comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti e la sua adozione costituisca un vincolo per poter accedere a misure di sostegno che non dovranno mancare nelle politiche comunitarie, nazionali e regionali. In Italia uno strumento già a disposizione è rappresentato ancora una volta dal DM 27 marzo 1998 sulla Mobilità Sostenibile che ha introdotto il Mobility Management.

Ecco per punti le proposte di Euromobility sul Mobility Management:

1. Una maggiore diffusione e rispondenza del Mobility Management al panorama produttivo italiano potrebbe essere assecondata dall’abbassamento a 100 dipendenti della soglia prevista dal Decreto per la nomina del mobility manager e la redazione del Piano Spostamenti Casa – Lavoro (PSCL) e dalla reiterazione dell’obbligo anche per poli commerciali, zone artigianali e industriali.
2. Sul piano fiscale, quale intervento strutturale in grado di favorire la nomina e le iniziative dei mobility manager, è di certo la proposta di modifica dell’Art. 51 co. 2 lett. d D.P.R. 917/86 (TUIR) finalizzata a riconoscere tra le componenti che non concorrono a formare reddito del dipendente le somme erogate, i valori dei beni messi a disposizione e dei servizi forniti nell’ambito dell’attuazione del PSCL che potrebbe sciogliere il nodo sull’erogazione dei Buoni per la Mobilità.
3. Grandi potenzialità possono avere i meccanismi di credito di imposta da riconoscere alle aziende per le spese sostenute per l’attuazione dei PSCL come ad esempio rastrelliere per le biciclette e navette dedicate.

Effetti importanti, anche sul piano della sicurezza stradale, possono portare le tecniche di eco-guida che consentono il perseguimento dell’obiettivo della riduzione dei consumi e delle conseguenti emissioni in atmosfera e al contempo quello della riduzione dell’incidentalità. In questo caso sarebbe opportuno un intervento legislativo che obblighi alla frequenza di un corso di eco-guida per il conseguimento della patente e/o la concessione del recupero di punti.

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L'autore:

Marco De Mitri è un ingegnere civile, laureato presso il Politecnico di Bari e specializzato in pianificazione dei trasporti.

Dal 2002 lavora per NIER Ingegneria, dove segue l’area dedicata al mondo dei trasporti, occupandosi in particolare di progetti relativi al trasporto pubblico locale (integrazione di servizi, sistemi tariffari e tecnologie) e di pianificazione dei trasporti su scala locale (studio dei flussi di traffico e dei relativi impatti, verifica dei livelli di servizio delle infrastrutture, analisi di sicurezza stradale).

Articolo originale: http://www.marcodemitri.it/euromobility-lorenzo-bertuccio/

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martedì 15 giugno 2010

Una strategia per la Nuova Mobilità

Diciamo addio alla Vecchia Mobilità: il "Piano Zero", conosciuto anche come "Vecchia Mobilità", con la sua ossessione per l'aumento delle infrastrutture, delle automobili e dell'offerta di beni viste come la risposta a tutti i nostri problemi di mobilità, è stato il sentiero maggiormente battuto dalla politica e dagli investimenti nel settore per gli ultimi 70 anni. E' molto ben conosciuto e si capisce benissimo dove sta portando. Aggredisce l'ecosistema, ci costa un patrimonio, prosciuga le risorse petrolifere e non garantisce un sufficiente livello di servizio alla maggior parte delle persone... Il Piano Zero è un evidente fallimento. E' tempo di un Piano A: quindici passi verso una mobilità, una città e una vita più sostenibili.

Cosa non va con la vecchia mobilità?
Il piano A in breve: Una strategia di conversione in 15 passi - Eric Britton

Ognuno di questi passi viene descritto nei dettagli più sotto. Quella che segue è una lista introduttiva.

  1. La strada deve essere indicata dai vincoli imposti dalle problematiche e ambientali
  2. Stringere l'orizzonte temporale entro il quale applicare riforme radicali
  3. Ridurre drasticamente il traffico
  4. Aumentare altrettanto drasticamente servizi di nuova mobilità
  5. Progettazione per le donne
  6. Lavorare con le risorse che già si hanno
  7. Frugalità economica
  8. Pacchetti di misure
  9. Integrare l'uso dell'auto all'interno degli schemi della nuova mobilità;
  10. Sfruttamento intensivo delle nuove tecnologie
  11. Agnosticismo tecnologico
  12. Il "jolly infrastrutturale";
  13. Creazione di sinergie e partnerships
  14. Leadership fondata sull'esempio
  15. Costruire imitando i casi di successo


Non si tratta di selezionare alcuni di questi punti, ma di integrarli tutti in un'unica strategia. Senza eccezioni. Si tratta di un lavoro piuttosto arduo.

Quanto segue riguarda argomenti fondamentali e complessi ognuno dei quali necessita di ben più di uno scarno paragrafo per essere approfondito. L'obiettivo immediato è di elencare brevemente le informazioni base che fanno funzionare World Streets e la New Mobility Agenda. Ogni argomento è però oggetto di numerosi articoli, riflessioni e commenti che prenderanno forma insieme a questo progetto collaborativo.

Il ruolo dell'auto nelle città

Le nostre città oggi vedono un'abbondanza di autovetture che servono un grandissimo numero di persone che dipendono dalla loro esistenza. Non spariranno dalle strade da un giorno all'altro, e non dobbiamo mai perdere di vista la loro importanza sia per le singole persone interessate sia per l'economia e i trasporti urbani.

Per questo la sfida che i politici e gli esperti dei trasporti hanno oggi di fronte, in un momento nel quale è più necessario che mai un cambiamento, è quella di fare in modo che l'auto si adatti meglio al tessuto e alle priorità urbane del XXI secolo. Il fatto indiscutibile è che se vogliamo che le nostre città diventino sostenibili, una delle condizioni necessarie è che siano la dimora di molte meno automobili. Come gestire questo cambiamento quando la nostra dipendenza dalle auto private è ancora così forte? Di sicuro non si potrà gestire attraverso un inasprimento della conflittualità. Sarebbe una battaglia persa, almeno sul breve termine, che rappresenta l'orizzonte temporarale nel quale questi cambiamenti devono essere messi in atto.

Così abbiamo bisogno di ridurre significativamente il numero di automobili circolanti nelle nostre città. Per raggiungere questo obiettivo dobbiamo essere in grado di garantire un ampio spettro di alternative attraenti che devono risultare, per chi le usa, migliori delle vecchie soluzioni. Infine dobbiamo garantire un "percorso morbido" per gli automobilisti che permetta loro di trovare delle soluzioni diverse ai loro bisogni di mobilità. Questo percorso morbido, in una democrazia pluralista, prevede che le decisioni vengnao prese dagli individui in base a quello che considerano il loro interesse. In quest'ottica la nostra strategia deve tenere in considerazione che ci vuole un certo lasso di tempo - per noi esseri umani spesso così ostili ai cambiamenti - per cambiare le nostre abitudini quotidiane. Ma in questo caso, trattandosi di casi singoli, si tratta per lo più di mesi o al massimo di un paio d'anni, sicuramente non di decenni come siamo spesso indotti a pensare.

Questa è la strategia di fondo della New Mobility Agenda, quello che segue è la descrizione più dettagliata del quadro a cui si accenna all'inizio di questo articolo.


La New Mobility Agenda in breve.

Questo blog non è esattamente ciò che si potrebbe definire una fonte di informazioni neutrale. Abbiamo una posizione ben definita su quelle che sono le politiche dei trasporti e le progettazioni e gli investimenti che ne conseguono, risultato di una lunga esperienza di lavoro e osservazione nel settore in diverse città di tutto il mondo. Non sarebbe però onesto reclamare la paternità esclusiva di questo punto di vista; in effetti si tratta di un distillato di anni di contatti e collaborazioni con colleghi e politici dotati di grandi vedute in diverse parti del mondo. E' condiviso, almeno in buona parte, da molti dei nostri più stimati colleghi.

Il principale riferimento per tutti quelli che leggono queste pagine è il programma di lungo termine denominato New Mobility Agenda, uno sforzo cooperativo a livello internazionale centrato interamente sul trasporto all'interno e nei dintorni delle città. E' operativo dal 1988 grazie alla sua costante presenza su internet come uno dei pilastri del processo di costruzione di conoscenza condivisa che gli sta dietro.

Siamo pronti per il cambiamento:virtualmente ci sono tutte le precondizioni necessarie per dei miglioramenti di grande portata, rapidi ed economici delle modalità con le quali le persone si spostano nelle città. I bisogni sono evidenti, sempre più compresi - e noi sappiamo cosa fare e come farlo. La sfida sta nel trovare la visione, la volontà politica e la leadeship necessarie a percorrere questa strada, passo per passo, deliberatamente.

Ma abbiamo anche bisogno di individuare una strategia globale, coerente, esplicita, etica e verificabile. Senza di questa siamo destinati a giocare un ruolo ai margini, e mentre potremmo annunciare un successo o un miglioramento qua e là, non si potrà avere quell'impatto complessivo necessario alla vostra città per rompere i vecchi schemi. Abbiamo davvero bisogno di questa strategia sistematica, chiara, coerente e onnipresente.

New Mobility Agenda fornisce una piattaforma pubblica per nuove riflessioni e strategie di problem solving collettive, coagulando le esperienze di più di mille studiosi, professionisti e politici nel campo provenienti da più di 50 nazioni in tutto il mondo, permettendo di condividere informazioni e di considerare collettivamente l'intero spettro dei problemi e delle soluzioni finali che costituiscono nel loro insieme la sfida della mobilità sostenibile in ambito urbano.

Gestire la transizione: quindici principi alla base della New Mobility Agenda

Bisogna comprendere che il passaggio dalla vecchia alla nuova mobilità non comporta la sottovalutazione dell'importanza di una mobilità di qualità per l'economia e la qualità della vita. Si tratta di capire che date le tecnologie che abbiamo a disposizione per l'uso quotidiano o nei laboratori è oggi per noi possibile riprogettare i nostri sistemi di trasporto in modo da ridurre al minimo gli spostamenti inefficienti (un esempio è quella di una grossa auto ferma con il motore acceso con una sola persona a bordo, un altro quello di un autobus vuoto) e migliorare i trasporti efficienti, a basse emissioni e di qualità che oggi sono in grado di offrire più possibilità di spostamento che in passato, tra le quali quella che più piace agli ambientalisti e non solo: quella di ottenere quello di cui si ha bisogno senza uscire di casa. Oggi anche questa è una interessante strategia della Nuova Mobilità.

Nei quindici punti che seguono potete vedere riassunte la basi di quella che secondo noi dovrebbe essere una adeguata strategia politica: principi che noi e i nostri colleghi in tutto il mondo abbiamo diligentemente assemblato in anni di lavoro, osservazioni e contatti ravvicinati con progetti e programmi in città di tutto il mondo che possono essere considerate esempi della New Mobility Agenda.

1. L'emergenza climatica e ambientale:
non c'è motivo di rimanere impressionati o spaventati dal ritorno dello scetticismo post-COP15. Il fattore ambientale e climatico rappresenta ancora la singola sfida (e opportunità) più importante che abbiamo davanti. L'attuale emergenza climatica stabilisce tempi e scadenze nel nostro campo. Riuscire a mettere ai margini del nostro settore i combuistibili fossili rimane un obiettivo importante. Ma c'è da fare molto più di questo.

La riduzione di gas serra può servire come un obiettivo che riassume tutti gli altri che il nostro lavoro ci impone per riuscire a dare alle nostre città l'attenzione che meritano, il principale dei quali rappppresentato dal bisogno di ridurre il traffico. Meno auto per strada significano minori consumi energetici, riduzione di ogni forma di inquinamento, meno incidenti, minori costi di mantuenzione e costruzione di infrastrutture, città più tranquille e sicure, e la lunga lista può continuare ancora molto.

Quello che è particolarmente interessante nel nostro settore è che si può fare davvero molto in tempi relativamente brevi. E a costi relativamente bassi. Oltre a questo c'è un altro elemento da prendere in considerazione fin dall'inizio: questi cambiamenti possono essere ottenuti non solo senza danneggiare l'economia o la qualità della vita della maggio parte delle persone. Al contrario le riforme necessarie a una mobilità sostenibile possono far parte di una rinascita economica del XXI secolo che accentua l'enfasi sulla fornitura di servizi piuttosto che su quella di beni.

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2. Stringere i tempi: è importante scegliere e mettere in pratica politiche che consentano di ottenere risultati visibili nell'arco di 2-4 anni, spendendo a questo scopo almeno il 50%, o anche di più, del budget destinato ai trasporti. Stabilite degli obiettivi chiari sottoponibili a giudizio da parte dell'opinione pubblica. Una politica dei trasporti senza scusanti.

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3. Ridurre radicalmente il traffico. Il nocciolo duro e incontrovertibile dell'Agenda è che una GROSSA percentuale di chilometri/vettura deve venire eliminata. Se non si ottiene questo risultato siamo in una situazione nella quale tutti gli indicatori continuano a muoversi nella direzione sbagliata. Ma possiamo tagliare il traffico e contemporaneamente migliorare la mobilità. E l'economia. Questa è la nostra strategia.

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4. Estendere lo spettro, la qualità e il grado di integrazione dei servizi legati alla nuova mobilità disponibili per tutti: se vogliamo mantenere le nostre città percorribili si rende necessario un intero spettro di nuove affasscinanti e pratiche modalità di trasporto. E devono essere INTEGRATE in modo da offrire una mobilità migliore, più veloce, più economica delle vecchie soluzioni basate sull'utilizzo intensivo dell'auto o del trasporto pubblico tradizionale, sottofinanziato, pesante e vecchio. Dobbiamo allargare le nostre vedute su questo aspetto e capire che piuttosto di rimanere invischiati nella versione novecentesca di come "la gente comune" si sposta, è importante muoversi verso un nuove paradigma basato su una grande varietà di modalità condivise di trasporto, la cui organizzazione si baserà in buona parte sulle tecnologie dell'informazione del XXI secolo.

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5. Progettazione per le donne:
il piano A era pensato e progettato per un ben determinato tipo di utenza (pensateci!). E così dovrebbe essere anche la nuova mobilità: ma questa volta dovrebbe venire pensato per soddisfare i bisogni specificamente femminili, di tutte le età e condizioni sociali. Fate questo e chiunque verrà servito meglio. E per farlo c'è bisogno di uno spostamento dei ruoli dirigenziali a favore delle donne, favorendo la piena parità dei sessi in tutti gli organismi coinvolti nei processi decisionali. E' così semplice.

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6. Lavorare con quello che si ha
Per molti progettisti ed esperti formatisi nelle università, questo rappresenta una delle caratteristiche meno evidenti della New Mobility Agenda. In primo luogo perchè molti di questi sistemi o servizi risultano essere quasi invisibili ai politici che si occupano di trasporti. Questi variano da servizi di trasporto specializzato a tutta una serie di modalità di spostamento più o meno informali e più o meno riconosciute che spesso funzionano in modo approssimativo ma che hanno bisogno il più delle volte di essere meglio comprese piuttosto che soppresse o lasciate morire per venire integrate in un'offerta multimodale integrata e di qualità che si adatta meglio alle città del XXI secolo.

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7. Frugalità: non abbiamo bisogno di un ulteriore giro di investimenti ad alto costo e basso impatto ambientale per far funzionare tutto questo. Dobbiamo semplicemente utilizzare il 50% dei budget dedicati ai trasporti per mettere a punto progetti e riforme che andranno a determinare delle grossissime differenze negli anni a venire.

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8. Pacchetti di misure: a differenza dei vecchi modi di progettare e investire risorse quello che oggi in molti posti è necessario fare è l'applicazione di "pacchetti" di grandi e piccoli progetti e iniziative che vanno meticolosamente integrati tra loro, coinvolgendo molti più attori e partecipanti. Una delle sfide per arrivare a una nuova mobilità davvero efficiente è quella di trovare i modi per applicare i più svariati programmi come progetti sinergici e mutualmente rinforzantisi all'interno di una visione complessiva più ampia. Una sfida importante per i pianificatori urbani ad ogni livello.

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9. Integrare l'auto negli schemi della nuova mobilità: l'attuale tecnologia può essere messa al lavoro in sintonia con il ruolo che l'auto privata sta gradatamente assumendo nell'ambiente urbano per creare situazioni nelle quali persino l'utilizzo della macchina può venire integrato in maniera molto più morbida in una strategia complessiva della mobilità. I vantaggi che ne conseguirebbero devono essere ampiamente pubblicizzati in modo da far aumentare il grado di accettazione dei nuovi schemi di mobilità urbana. Un ambiente urbano basato sulla nuova mobilità deve essere in grado di accogliere gli automobilisti, dato che si tratta di una realtà incontrovertibile che non sparirà semplicemente perché sembrerebbe la soluzione ideale. Avremo ancora abbondanza di autovetture piccole e medie circolanti nelle strade delle nostre città e dei dintorni, così che la sfida che politici e tecnici hanno davanti è quella di assicurare che questo fenomeno avvenga in armonia con i più vasti obiettivi sociali, economici ed ambientali.


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10. Nuove tecnologie a tutto gas:
il nocciolo della nuova mobilità è massicciamente caratterizzato dall'aggressiva applicazione delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione in ogni tipo di servizio. Il sistema dei trasporti del futuro è soprattutto un sistema di informazione interattiva, con le ruote e i vostri piedi alla fine della catena. Queste tecnologie sono gli stivali delle sette leghe della nuova mobilità.

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11.Agnosticismo tecnologico/Sostenitori delle performance:Non ci interessa e non deve interessarci quale tecnologia debba venire utilizzata o favorita. Non è competenza di politici inevitabilmente poco informati quella di stabilire quale tecnologia è meglio adottare per un sistema di trasporti. Questo va oltre il loro ambito di competenze e non è nemmeno una delle precondizioni necessarie per creare un migliore sistema di trasporto. Ma quello che i nostri politci possono e devono fare è quello di specificare le performance, non le tecnologie. Ci sono molti modi per farlo: tra questi la richiesta di performance specifiche per quanto riguarda gli standard di emissioni e di prestazioni. Ma ce ne possono essere molti altri.


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12. Giocare il "jolly delle infrastrutture":
le infrastrutture dei trasporti nelle nostre città sono ampiamente sovradimensionate. E non sono in grado di far circolare bene merci e persone. E' semplicemente una gran cosa, visto che questo significa che possiamo convertire sostanziali percentuali della rete stradale a modalità di trasporto di gran lunga più efficienti.

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13. Collaborazioni: questo approccio, poco famigliare ai più, difficilmente viene compreso fin dall'inizio. Per questo c'è bisogno di un maggiore sforzo educativo, di consultazione e di coordinamento per farlo funzionare. La vecchia mobilità era un terreno nel quale le decisioni venivano prese dagli esperti dei trasporti ognuno nel suo campo di competenza. La nuova mobilità si basa sul problem solving collaborativo e aperto al maggior numero possibile di persone, sul coordinamento e la canalizzazione della grande forza che possono esprimere le popolazioni informate e consapevoli delle nostre città. Collaborazioni pubblico/privato/cittadini.

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14: Leadeship sull'esempio
Se siete un sindaco o un amministratore pubblico. Se siete professionalmente coinvolti in aree che riguardano la sostenbilità. Non avete davvero scelta. Dovete dare l'esempio. Questo significa andare a lavorare in bici, a piedi, con il trasporto pubblico o con qualche forma di carpooling o car sharing, se non sempre almeno due volte alla settimana. Così facendo avrete sotto mano tutto quello che funziona e tutto quello che non funziona nella vostra città. Sarete autentici e credibili. Sarete quel genere di leader di cui abbiamo bisogno per intraprendere quelle riforme politiche e progettuali di cui abbiamo bisogno. Se non vi comportate così, se rimanete nel sedile posteriore della vostr auto blu, non avrete mai il mio voto.

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15. Imparare dai successi altrui:
nuovi modi di affrontare i problemi richiedono successi. Non c'è possibilità di errore. Così selezionate nel mondo quelle politiche e quei servizi che hanno registrato dei successi e costruite sulla loro esperienza. (E ce ne sono fin che volete là fuori, basta essere disposti a guardare e imparare).

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Nessuna negoziazione:

I quindici punti descritti sopra non sono negoziabili. Non si tratta di dettagli che possono essere selezionati singolarmente o a gruppi. Sono fondamentali, non possono non venire integrati. Qualunque progetto, investimento, programma, politica che si voglia mettere in atto in questo campo dovrebbe essere pensato adottando tutti questi quindici principi identificativi della sostenibilità prima di venire applicato. Non c'è un punto che possa essere rimandato o ignorato. E' abbastanza chiaro.

Da qui dove si va?

Per muoversi in tempo per salvare il pianeta e migliorare la qualità di vita della maggioranza delle persone che vivono nelle città - no, non sono tutti felici proprietari di auto là fuori; provate a contarli davvero - abbiamo bisogno di una stategia equa, unica, coerente.

Ci possono essere altri modi, magari migliori, di fronteggiare questa emergenza. In questo caso siamo disposti ad imparare, fateci sapere. Questa è la sfida che affrontano World Streets e la New Mobility Agenda.

Commenti e suggerimenti sono caldamente sollecitati. Potete postarli direttamente qui sotto oppure scrivere a editor@worldstreets.org oppure a editore@nuovamobilita.org

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L'autore
Eric Britton, fondatore della New Mobility Agenda e di Ecoplan, si occupa da 40 anni di ambiente, sostenbilità e giustizia sociale, con un occhio particolare alla mobilità urbana. Ha lavorato come consulente di molte istituzioni, ONG e imprese. E' stato l'ideatore dei Car Free Day e ha collaborato con l'amministrazione di Bogotà alla realizzazione del primo Dia Sin Carro della capitale colombiana, che ha dato l'avvio a una radicale riforma del sistema di trasporto di quella città. Per questo Bogotà ed Ecoplan hanno vinto lo Stockholm Challenge Prize per l'ambiente nell'anno 2000. Attualmente si occupa di tenere in vita World Streets, il blog internazionale al quale si ispira Nuova Mobilità.

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