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Cattolica Library
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Il giudice Livatino: un uomo che sapeva condannare, ma anche capire
Giuseppe Costantini  |  27 febbraio 2024

Nel mese di novembre è stata ospitata nella sede di Piacenza dell’Università Cattolica la mostra Sub Tutela Dei. Il giudice Rosario Livatino, dedicata al giovane magistrato siciliano ucciso della mafia nel 1990 e beatificato nel 2021: l’esposizione, presentata la prima volta al Meeting di Rimini del 2022, è stata riproposta in numerose città italiane, venendo ospitata anche nei tribunali di Benevento, Bologna, Brescia, Como, Genova, Milano, Torino, Padova e Napoli[1].
Uomo di legge competente e abile, capace di guadagnare rapidamente rispetto e autorevolezza, nella sua breve vita Rosario Livatino cercò tuttavia di «dare alla legge un'anima»[2], nel continuo sforzo di essere giusto nel condannare, ma attento a non confondere la persona con il reato. Una concezione della giustizia memore allo spirito umano della norma, e in grande sintonia con quella – prodromica allo sviluppo della prassi riparativa del reato nel nostro Paese – che dal lato della difesa l'avvocato e professore Federico Stella promosse negli stessi anni in Università Cattolica.

Per conoscere attraverso le risorse del Sistema bibliotecario e documentale d’Ateneo la vita e la personalità di questo straordinario eroe civile e cristiano, cui è stato anche dedicato il film Il giudice ragazzino basato sull’omonimo romanzo di Nando Dalla Chiesa, occorre partire dalla biografia Il piccolo giudice: fede e giustizia in Rosario Livatino ad opera di Ida Abate, professoressa di liceo di Livatino. Testimone privilegiata degli anni della formazione del giovane Rosario, la Abate gettò le basi per l'avvio del processo diocesano di beatificazione e fece conoscere agli italiani le grandi qualità umane e professionali del suo alunno: nato a Canicattì, entrò in Magistratura – il sogno della sua vita – e come sostituto Procuratore al tribunale di Agrigento si occupò delle più delicate indagini antimafia, oltreché di criminalità comune, mettendo le mani nella “tangentopoli siciliana” e inevitabilmente approdando alla mafia agrigentina. Venne ucciso barbaramente in un normale giorno di servizio, mentre viaggiava senza scorta nonostante il consiglio della stessa sua docente, sempre in contatto con lui.

La data della sua beatificazione coincise, con valore fortemente simbolico, con il giorno in cui Giovanni Paolo II levò il suo grido di condanna contro la mafia, nella Valle dei Templi, il 9 maggio 1993, all'apice della stagione delle stragi che videro anche l'uccisione dei giudici Falcone e Borsellino. Livatino è assoluto antesignano di questi ultimi celeberrimi magistrati per il rigore professionale e morale ampiamente riconosciuto: se ne trova testimonianza in Rosario Livatino: il giudice giusto di Toni Mira e con prefazione di don Luigi Ciotti, in cui vengono pubblicati integralmente tre discorsi di Livatino (uno dei quali inedito) che riportano vividamente la sua voce, il suo pensiero, i suoi ideali, tratteggiando le caratteristiche da lui ritenute indispensabili in un magistrato (quasi come un autoritratto inconsapevole): “il senso dell'imparzialità, dell'equidistanza, della correttezza più profonda, dell'impegno più assoluto, nel rapporto esclusivo con la norma, scevro da quelle estranee influenze che così spesso ne alterano l'applicazione”[3]; “l'umiltà, cioè essere dimentico di se stesso”, “mai un sintomo della tentazione di abusare del potere”[4].
Anche un altro libro disponibile in Biblioteca, Un giudice come Dio comanda: Rosario Livatino, la toga e il martirio di Alfredo Mantovano, Domenico Airoma e Mauro Ronco, si concentra proprio sulle qualità professionali del magistrato beatificato: un giudice di qualità e valori di alto profilo, che ha conferito una nuova immagine alla magistratura, in primis per l’intensità del suo impegno nel contrastare le mafie. Erano anni in cui non esisteva il 41 bis per i mafiosi, in cui non esistevano i pentiti e mancavano la Procura nazionale e le procure distrettuali antimafia, intuizione successiva di Falcone.
Gli autori dell’opera collaborano con il Centro studi Rosario Livatino, costituito nel 2015 da un gruppo di magistrati, avvocati e docenti universitari per approfondire – traendo esempio dal giovane giudice martire – temi riguardanti in prevalenza il diritto alla vita, la famiglia, la libertà religiosa e i limiti della giurisdizione in un quadro di equilibrio istituzionale, affrontando interrogativi etico-giuridici su questioni che muovono la coscienza civile.

In uno scritto dello stesso Livatino[5], oltre a quello citato all'inizio, si può peraltro trovare in nuce il suo rigoroso pensiero di un nuovo umanesimo cristiano, dal quale faceva discendere una prassi per l'uomo di legge centrata sulla persona: rispettava infatti gli imputati, anche quelli che si erano macchiati dei più gravi delitti, che per lui erano innanzitutto persone. Un episodio è paradigmatico: in un caldissimo ferragosto, andò personalmente a portare in carcere il mandato di scarcerazione per un recluso; e a chi si stupiva rispose: «all’interno del carcere c’è una persona che non deve restare neanche un minuto in più. La libertà dell’individuo deve prevalere su ogni cosa» [6].

Alla giustizia riparativa, sorretta da quella giustizia centrata sulla persona che stava tanto a cuore del giudice Livatino, presta particolare attenzione l’Alta Scuola "Federico Stella" sulla Giustizia penale dell’Università Cattolica, la cui collana di Giustizia e Letteratura mette a frutto l’esperienza dei Cicli seminariali sul tema della giustizia nella letteratura con lo scopo di stimolare, attraverso la lettura e le interpretazioni di capolavori letterari, musicali e cinematografici, il dialogo interdisciplinare, la sensibilità culturale e il "senso di giustizia" di un pubblico che va dai giuristi, agli studenti fino a tutti i cittadini consapevoli.
Come ha sottolineato Gabrio Forti, direttore dell’Alta Scuola, nell’introdurre il primo di tre eventi del XIV ciclo seminariale “Giustizia e letteratura”[7], «la giustizia è un equilibrio estremamente delicato tra giudizio e comprensione». E proprio il connubio tra giudizio e comprensione, legge e umanità, può essere considerata l'eredità cristiana di Rosario Livatino per i giuristi di ogni tempo.
 

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Note 

  1. Su contenuti e diffusione della mostra, curata da Libera Associazione Forense, Centro Studi Rosario Livatino e Centro Culturale Il Sentiero, si vedano nel sito meetingrimini.org le pagine Sub tutela dei. Il giudice Rosario Livatino e Rosario Livatino, la mostra presentata a Caivano.
  2. R. Livatino, “Il ruolo del giudice nella società che cambia”, in T. Mira, Rosario Livatino. Il giudice giusto, San Paolo, 2021, p. 185.
  3. T. Mira, Rosario Livatino: il giudice giusto, San Paolo, 2021, p. 44.
  4. Ivi, p. 43
  5. R. Livatino, “Fede e diritto”, in T. Mira, Rosario Livatino. Il giudice giusto, San Paolo, 2021, p. 203.
  6. Da A.M. Mira, Il giudice beato. Rosario Livatino tra Vangelo e Costituzione, Avvenire, 8 maggio 2021.
  7. Da E. Gazzotti, Diritto e giustizia tra terra e cielo, CattolicaNews, 2 novembre 2023.
 
 
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