Se Saviano e la tv civile sconfiggono la televolgarità

SE CHIAMI insieme in una trasmissione Paul Auster e David Grossman, e in mezzo ci metti Roberto Saviano, e tutti e tre si mettono a parlare non solo di Gomorra, ma anche di letteratura, di cosa vuol dire scrivere, di come scrivere influenzi la vita; e questa pacata, semplice, calda stravaganza durata più di tre ore supera lo share di altre reti più popolari con i loro film, uno addirittura con il superdivo Bonolis, vuole dire che qualcosa in televisione non funziona. Che l' eterno sistema scricchiola; che la legge del banale e del volgare non è granitica; che esiste un pubblico tipo uomo mascherato o fantasma dell' opera o bassifondi di Parigi, che se non gli dai solo isole con famosi sconosciuti e sanremi con ex gay lagnosi, esce da caverne, foreste, meandri, catacombe, e fa una cosa solitamente aborrita: accende la televisione e si guarda un programma magari intero, senza spegnerla bofonchiando parolacce. Certo che si tratta di un colpo basso, fastidioso, dato da quella RaiTre che è delegata a soddisfare senza danni le smanie di una esigua audience, composta da professorini pallidi e precari e da signore senza tacchi (e senza tette, ovvio!) come immaginano i trionfanti responsabili dei ricchi programmoni in cui tette e litigi «la fanno da padrone» (come dicono gli stessi presentatori nel loro strano italiano). La terza rete pubblica destinata a stare nel suo angolino tenebroso, cui il ministro dei Beni culturali Bondi vorrebbe togliere la pubblicità e avvolgerla in ragnatele, si è comportata malissimo: ha battuto le altre con mezzi impropri, antitelevisivi, cioè con quella cosa pericolosa che solo a nominarla fa incanutire i dirigenti Rai anche plurilaureati, che si chiama cultura. Oppure intelligenza. Oppure rispetto dell' audience. Oppure fantasia. Oppure innovazione. Oppure proposta di pensiero, di riflessione, di idee. È accaduto a Che tempo che fa, una delle tante trasmissioni intelligenti della rete e il suo stesso conduttore, il gentile Fabio Fazio, sembrava più sinceramente scosso dal fiorire dello spettacolo, di quanto faccia finta di esserlo quando la Littizzetto dice porcherie a Sua Eminenza. Si sa che le doti, o i difetti, di Fazio sono il sorridente buonismo, l' approccio volutamente timido e sotto tono, la domanda educata, l' accoglienza devota, l' abitino perfetto, mai uno scatto di nervi, mai uno zittio, mai un broncio o la voce soprattono, mai un trabocchetto o una sgarbo, o una cattiveria, tutte villanate che sono il fulcro di altre trasmissioni di gran successo. La gente va volentieri da lui perché sa che si troverà in un soffice confessionale in cui non gli si chiederà conto dei peccati ma solo delle virtù, o meglio dei peccati trasformati per magia in virtù. Il che va benissimo coi virtuosi, meno con certi noti peccatori che, assolti ampiamente da Fazio, si alzano dalla poltrona faziesca lindi come angioletti, tronfi di autocompiacimento, e non era proprio il caso. Però in tempi grami come questi, di totale e sgangherata presa di potere politico-pubblicitario di ogni spazio televisivo, se lo scotto da pagare per qualche ora di spettacolo appagante e visto da quasi 5 milioni di persone come quello di mercoledì sera, obbliga una par condicio di invito e di trattamento, non solo del destro e del sinistro e del centro e dell' estremo, ma anche dell' intelligente e dello scemo, del virtuoso e del mascalzone, del colto e dell' ignorante, del santo e dello sporcaccione, ebbene, non si brontolerà più di tanto. Sono molte ormai le belle trasmissioni di RaiTre che fanno ascolti sempre più importanti, superando le altre reti invecchiate, riportando alla televisione generalista chi l' aveva abbandonata per il satellitare o aveva smesso di vederla del tutto, conquistando chi non ne può più dell' intrattenimento bieco e dell' informazione bugiarda e come direbbe Gasparri, faziosa (pro governo però). Ma forse è meglio far finta di niente: per non allarmare chi punta all' ottundimento televisivo come forma di propaganda politica e mercantile. Se no non si capisce perché imperterrite le altre reti Rai e Mediaset continuano a spendere milioni per preparare programmi volutamente brutti per il popolo bue che però li rifiuta subito (vedi i famosi flop di Incredibile! condotto da una pupilla del direttore Del Noce su RaiUno, chiusa dopo una sola puntatae la veloce fine miserevole di Colpo di genio condotto da Simona Ventura e di Il ballo delle debuttanti con Rita dalla Chiesa). Perché non spendere lo stesso denaro per inventare dei programmi onorevoli, con ardire da Capitani Coraggiosi. Se poi il famoso share resta basso, ma potrebbe riservare sorprese, si chiudano, come si è fatto con i flop horror: ma forse, abituati a programmare porcherie, non ci sono più teste in grado di inventarne di semplicemente interessanti.

NATALIA ASPESI