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CRONACHE
Fini: le motivazioni della sentenza generano rabbia e incredulità
Terrorismo, assolti cinque islamici a Milano
Due dei tre sono stati però condannati per reati minori a tre anni di reclusione. Il terzo uscirà dal carcere il 31 gennaio
MILANO - Cinque islamici sono stati assolti dal reato di terrorismo internazionale dal gup (giudice per l'udienza preliminare) Clementina Forleo. La posizione di altri due accusati per lo stesso reato è stata trasferita all'esame della magistratura di Brescia. Due dei tre islamici assolti dal reato principale sono stati tuttavia condannati, per altri reati, a tre anni di reclusione. Il terzo ha avuto un anno e 10 mesi. Il pm aveva chiesto condanne per tutti fra i 10 ed i sei anni di reclusione. I tre, condannati con rito abbreviato dal giudice Forleo, accusati a vario titolo per favoreggiamento dell' immigrazione clandestina in Italia, per documenti falsi e ricettazione, sono Boujaha Maher (tre anni), Ali Ben Sassi Toumi (tre anni) e Mohammed Daki (un anno e dieci mesi). Quest'ultimo dovrebbe uscire di prigione per decorrenza termini il prossimo 31 gennaio.

IL PROCESSO - Quello che si è concluso in giornata è parte di un processo ben più ampio avviato dalla procura di Milano nei confronti di un gruppo di islamici, per l'accusa legati alle strategie terroristiche dello sceicco Abderrazak, che sarà processato a parte, a febbraio, dalla Corte d'Assise di Milano. Strategie tese ad inviare kamikaze in Iraq. Al termine del suo processo, il giudice Forleo riconosce che gli imputati «avevano come precipuo scopo il finanziamento, e più in generale il sostegno di strutture di addestramento paramilitare site in zone mediorientali, presumibilmente stanziate nel nord dell'Iraq». E anche che, a tal scopo «erano organizzati sia la raccolta e l'invio di somme di denaro, sia l'arruolamento di volontari, tutti stranieri e tutti di matrice islamico-fondamentalista». Ma «non risulta invece provato - aggiunge il giudice - che tali strutture paramilitari prevedessero la concreta programmazione di obiettivi trascendenti attività di guerriglia da innescare in detti (cioè in Iraq, ndr) o in altri prevedibili contesti bellici, e dunque incasellabili nell'ambito delle attività di tipo terroristico».

Il ministro degli Esteri Gianfranco Fini: «Rabbia e incredulità per la sentenza» (Afp)
NESSUN LEGAME
- Non solo. Il giudice Forleo ricorda il senso di alcuni articoli, e nel caso specifico l'art.18/2, della Convenzione Globale dell'Onu sul Terrorismo, laddove prevede un'esimente in ordine alle sanzioni in essa previste per le forze e i gruppi armati o movimenti diversi dalle forze armate di uno Stato, nella misura in cui si attengono alle norme del diritto internazionale umanitario. Si tratta di una norma in base alla quale, in sostanza, si riconosce che in guerriglia le attivitá violente sono lecite, purché non siano dirette a seminare terrore indiscriminato verso i civili. Per Caterina Forleo, la cellula non era nemmeno legata all'organizzazione Al Tawid creata da Al Zarqawi. E neppure «risultano legami penalmente rilevanti di tali gruppi con quelli, pur della stessa matrice ideologica, responsabili di attacchi di pacifica natura terroristica».

IL DISPOSITIVO - Per Noureddine Drissi e Kamel Hamrahui, la cui posizione è stata stralciata e gli atti sono stati trasmessi a Brescia, il gup ha revocato l'ordinanza di custodia cautelare relativa al reato di terrorismo internazionale: i due rimangono in carcere per gli altri reati. Dopo la lettura del dispositivo, Ali Ben Sassi Toumi, mentre veniva portato via dagli agenti di polizia penitenziaria, ha detto: «Grazie alla giustizia italiana perché ha detto che non siamo terroristi. È vero, non siamo terroristi. Allah è grande». I difensori di Toumi, agli avvocati Gabriele Leccisi e Sara Fardella, hanno dichiarato di essere soddisfatti perché la sentenza di oggi «onora l'Italia e dimostra che siamo in un Paese libero».

FINI INCREDULO - Di tutt'altro avviso il vicepremier e ministro degli Esteri Gianfranco Fini: «Leggere le motivazioni con cui un giudice milanese ha assolto una cellula di integralisti islamici dall'accusa di terrorismo internazionale genera un sentimento di rabbia e incredulità». «Non dubito della preparazione giuridica del Gup - afferma ancora Fini - ma distinguere in Iraq "attività di guerriglia" da "attività di tipo terroristico" e perciò richiamare la convenzione globale dell'uomo sul terrorismo e scrivere sulla sentenza che è "notorio che nel conflitto bellico in questione strumenti di altissima potenzialità offensiva sono stati innescati da tutte le forze in campo", significa mettere sullo stesso piano vittime e carnefici». «Sono convinto che almeno in questo caso - conclude il vice premier - esprimere dolore e indignazione per simile disinvolto stravolgimento di una realtà che è sotto gli occhi del mondo intero sia semplicemente doveroso».
«I nostri poveri diciannove connazionali dilaniati dall'autobomba a nassiriya, e le altre migliaia di persone uccise barbaramente dai kamikaze in nome di un dio crudele ed assassino, sarebbero forse morti per azioni di guerriglia?». Il ministro per le riforme, il leghista Roberto Calderoli, non usa mezzi termini per commentare la sentenza: «Mi si è rivoltato lo stomaco guardando quei filmati e mi si rivolta lo stomaco ora davanti ad una sentenza del genere».
24 gennaio 2005

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DA CORRIERE.IT

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