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Il Napoleon di Ridley Scott: che fine ha fatto la vera storia?
Emanuele Pigni  |  30 gennaio 2024

Probabilmente avrete già letto recensioni critiche su questo film, ed io non vorrei infierire. Dirò dunque che questo film è grandioso, avvincente, colossale nel senso delle produzioni dell’epoca d’oro di Hollywood. Ma non potrò astenermi dall’aggiungere che il problema è che il Napoleon di Ridley Scott pretende di essere un film storico, cioè un film che dovrebbe ricostruire avvenimenti storici e mettere in scena personaggi realmente esistiti. E tale pretesa determina un’iliade di guai, come avrebbe detto il Manzoni, al quale la Provvidenza risparmiò di vedere, dopo tanti romanzi pseudo-storici, anche dei film pseudo-storici.

Ridley Scott, all’inizio della sua carriera di regista, realizzò un bellissimo film di ambientazione napoleonica: I duellanti (1977), tratto dal racconto The duel di Joseph Conrad. Film riuscitissimo, ora possiamo dire, anche perché è un’opera di finzione nella quale non compaiono né Napoleone né altri personaggi storici, ad eccezione di Fouché, l’abilissimo ministro di polizia che servì tutti i regimi da quello di Robespierre a quello di Luigi XVIII. E il Fouché de I duellanti assomiglia abbastanza a quello storico, tranne che nell’aspetto fisico. Nel nuovo Napoleon cinematografico, invece, ogni somiglianza tra i personaggi del film e personaggi storici con lo stesso nome e lo stesso ruolo sembra puramente casuale.



Il protagonista è – come molti critici hanno giustamente rilevato – il Napoleone delle caricature inglesi dell’epoca: personaggio ambiziosissimo, dispotico, brutale; non lo si vede mai con un libro in mano, benché il vero Napoleone fosse un appassionato bibliofilo, né lo si vede mai intento ad occuparsi di quelle riforme civili che in Francia e parzialmente in altri Paesi gli sono sopravvissute fino ad oggi. Giuseppina, nel film di Ridley Scott, è la prima delle vittime di Napoleone; ed appare molto più giovane di lui (Vanessa Kirby è nata nel 1988, Joaquin Phoenix nel 1974), benché la vera Giuseppina avesse sei anni più di Napoleone. Il film insiste molto sul rapporto tormentato tra i due coniugi, mentre degli altri personaggi non vale quasi la pena di parlare: sono appena abbozzati o inesistenti (nessuna traccia, per esempio, di Gioacchino Murat), con una sola e significativa eccezione: il duca di Wellington. Il film, riesumando i miti del vecchio sciovinismo inglese, ne fa l’eroe di Waterloo, non facendo capire che il suo unico merito in quella battaglia fu quello di avere tenuto le posizioni fino al determinante arrivo dell’armata prussiana di Blücher, né mostrando che l’armata comandata da Wellington era multinazionale, essendo composta da truppe olandesi, belghe e tedesche oltre che da quelle inglesi, che sono le uniche visibili nel film.

Anche le vicende belliche e politiche rappresentate nel film mettono a dura prova la sensibilità dei conoscitori della storia. Molti critici hanno osservato che Napoleone non assistette alla decapitazione di Maria Antonietta, né fece tirare colpi di cannone contro una piramide egizia. Ma c’è molto altro da dire sulle licenze per nulla poetiche del film: lo spettatore erudito rileverà immediatamente che mancano tutte le campagne d’Italia, le quali nella realtà storica furono determinanti per l’ascesa di Napoleone; il breve accenno che ne fa il protagonista in una lettera a Giuseppina è un’assoluta mistificazione, degna di quel pregiudizio anti-italiano che credevamo relegato nel passato della cinematografia anglosassone. Nella scena dell’incoronazione di Napoleone come imperatore dei Francesi, sua madre è presente come nel quadro di Jacques-Louis David, benché sia noto che in realtà non volle assistere alla cerimonia in cui fu incoronata anche Giuseppina. Il divorzio di Napoleone da questa sua prima moglie precede la guerra della quarta coalizione, mentre in realtà avvenne dopo la guerra della quinta coalizione: viene cioè anticipato di circa tre anni. In compenso, la morte di Giuseppina viene posticipata dal 29 maggio 1814 al 29 maggio 1815, consentendole così di assistere al ritorno di Napoleone dall’isola d’Elba e alla sua riconquista del trono di Francia, anche se l’imperatore non fa in tempo a rivederla.

In conclusione, se qualche lettore a questo punto si chiedesse «vale la pena di vedere il Napoleon di Ridley Scott?», la mia risposta sarebbe: indubbiamente sì, ma tenendo presente almeno tutto ciò che si è detto sopra. E vedendo, o rivedendo, anche altri precedenti Napoleoni cinematografici o televisivi, molto più fedeli alla storia, presenti nelle collezioni di risorse multimediali della Biblioteca d’Ateneo: Napoléon (di Abel Gance, 1927), Sant’Elena, piccola isola (di Renato Simoni, 1943) e I grandi camaleonti (di Edmo Fenoglio, 1964).


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* In alto: foto di Wellington Silva, da Pexels

 
 
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