CRONACA

La Procura di Torino chiude l'indagine sul rogo di dicembre costato la vita a 7 operai
Per la prima volta contestato un reato cos� grave ad un manager d'azienda

ThyssenKrupp, sei indagati
Omicidio volontario all'ad


<B>ThyssenKrupp, sei indagati<br>Omicidio volontario all'ad</B>

Il padre di Bruno Santino, uno delle vittime del rogo, mostra la foto di suo figlio

TORINO - I dirigenti delle acciaierie ThyssenKrupp sapevano che gli operai del proprio stabilimento rischiavano la vita ogni volta che entravano a lavorare, eppure hanno colpevolmente evitato di adottare le necessarie misure di sicurezza antincendio. Uno di essi, addirittura, Harald Espenhahn, l'amministratore delegato del gruppo italiano, avrebbe mandato i lavoratori incontro alla morte con la piena consapevolezza che, nei reparti sguarniti della fabbrica, un incendio sarebbe potuto scoppiare da un momento all'altro.

Sono queste le conclusioni dell'inchiesta sul tragico rogo della Thyssen, che la notte del 6 dicembre scorso provoc� la morte di sette operai, bruciati vivi dalle fiamme divampate all'improvviso da un laminatoio e spirati uno a uno, dopo lunghe e terribili agonie, nei giorni successivi alla sciagura.

Il pool di magistrati coordinato dal procuratore Raffaele Guariniello ha chiuso in meno di tre mesi le indagini formulando nei confronti dei sei manager indagati ipotesi di reato pesantissime: per Espenhahn l'accusa di incendio e omicidio volontario con dolo eventuale, per gli altri - a seconda delle condotte - omicidio colposo e incendio colposo con colpa cosciente e omissione volontaria di cautele contro gli infortuni. Oltre a Espenhahn sono indagati i consiglieri delegati Marco Cucci e Gerald Priegnitz, un responsabile in servizio alla sede di Terni della multinazionale, Daniele Moroni, il direttore dello stabilimento di Torino Giuseppe Salerno, il responsabile del servizio di prevenzione dei rischi sul lavoro Cosimo Cafueri. La ThyssenKrupp � inoltre chiamata in causa come persona giuridica.

"Spero che li mettano in galera e buttino le chiavi", dice Sabina Laurino, vedova di Angelo, uno dei sette operai morti nel rogo. Oltre alle famiglie delle vittime anche gli operai della linea 5 intendono costituirsi parte civile. "La procura contesta il dolo - spiega Giorgio Airaudo, segretario torinese della Fiom - e questo significa che tutti i lavoratori erano esposti. E' un precedente importante".

� la prima volta che a un indagato in un'inchiesta in materia di infortuni sul lavoro viene contestato il reato di omicidio volontario. Un'accusa mossa in relazione alla sua posizione di vertice con i massimo poteri decisionali di spesa in particolare relativamente a due decisioni. L'imputazione di omicidio volontario si basa infatti su questi due elementi: innanzitutto l'amministratore delegato Harald Espenhanh ha posticipato dal 2006-2007 al 2007-2008 gli investimenti per il miglioramento dei sistemi antincendio dello stabilimento di Torino, pur sapendo che a quella data la sede sarebbe stata chiusa.

Il secondo punto riguarda poi l'adeguamento della linea 5, quella dove si verific� il disastro: anche in questo caso, nonostante le indicazioni tecniche fornite da un gruppo di studio interno all'azienda e anche da una compagnia assicuratrice, fu deciso di dotarla di impianti di rivelazione incendi e di spegnimento all'epoca successiva al trasferimento a Terni, nonostante gli impianti fossero in piena attivit�.

Dalle indagini, dal racconto degli operai superstiti e dalle testimonianze dei tecnici dell'Asl � emersa una realt� molto problematica, rivelata dalla contestazione di ben 116 violazioni delle norme di sicurezza da parte dei servizi ispettivi. Il grado di consapevolezza dei rischi da parte dell'azienda � messo poi in evidenza dal fatto che due incendi senza conseguenze nelle fabbriche del gruppo, uno a Torino e uno in Germania, non indussero la multinazionale a prendere alcun provvedimento, malgrado la compagnia che assicurava lo stabilimento piemontese avesse elevato da 30 a 100 milioni la franchigia a carico della Thyssen, con una scelta che constatava per esempio l'assenza di dispositivi automatici antincendio.

Giorgio Airaudo, segretario provinciale della Fiom, ha commentato: "Tre mesi per chiudere l'inchiesta su una strage come quella della thyssen � l'esempio di una giustizia efficace, che funziona, che sa essere rapida di fronte a sciagure cos� gravi. Noi come sindacato ci costituiremo parte civile e per la prima volta avanzer� la stessa richiesta un gruppo di lavoratori della Thyssen. Perch�, se l'accusa di dolo eventuale verr� accertata, allora quell'incidente e quella fine potevano capitare a tutti gli operai della Thyssen. Una risposta che potr� risultare efficace anche sotto il profilo della prevenzione. Se la magistratura dimostra di essere capace di perseguire in tempi cos� brevi chi non segue le norme sulla sicurezza, sar� un valido spauracchio per chi ha poca attenzione per la salute e l'incolumit� dei lavoratori".

(23 febbraio 2008)